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Gita fuori porta a Castelbuono, fra gli agrifogli monumentali di Piano Pomo e il Castello dei Ventimiglia

Sono più di 200 gli alberi monumentali che sono stati censiti in Sicilia. Tra questi gli straordinari agrifogli giganti di Piano Pomo (foto in alto), a pochi chilometri da Castelbuono, raggiungibili con una facile passeggiata dal rifugio Crispi di Piano Sempria, fatto costruire dal Club Alpino Siciliano nel 1973. Questa pianta (ilex aquifolium) appartenente alla famiglia delle fagacee, abitualmente vegeta fino a 1.000 metri, ma nelle Madonie arriva fino a 1.500 metri. Sono alberi secolari, che sfiorano i 15 metri di altezza, superano i 300 anni e in autunno producono bellissime bacche rosse.

Sfortunatamente in passato ne è stata fatta una raccolta indiscriminata per le composizioni natalizie e, in tempi più lontani, anche per difendere le dispense dai topi, ma adesso sono protetti da una rete. Secondo una pubblicazione del Parco delle Madonie, esemplari così imponenti non si trovano in nessuna altra parte d’Italia o d’Europa, eccezion fatta per alcuni esemplari in Inghilterra, Germania e Norvegia. Infatti, questi agrifogli sono un relitto della vegetazione terziaria sopravvissuta in alcune parti d’Europa agli effetti delle glaciazioni del quaternario. Il nucleo più consistente degli agrifogli di Piano Pomo ha ben 225 piante, residuo di una formazione certamente più estesa che, insieme al faggio e all’abete dei Nebrodi, doveva ricoprire vaste zone delle Madonie. È una sorta di cattedrale gotica con i tronchi come colonne, il cui diametro è di circa un metro. Al termine del nucleo più folto di agrifogli si può vedere un tipico pagliaio di forma rettangolare. Probabilmente questo spazio veniva sfruttato dai pastori come luogo di riparo per il bestiame.

Lungo il cammino e tornando verso Castelbuono, si apre ai nostri occhi la vista della valle e in lontananza dei paesi circonvicini: in direzione del mare Pollina, in incredibile posizione sul suo pizzo di montagna, verso oriente San Mauro Castelverde, ancora circondata dal mito della sua irraggiungibilità, infine verso meridione Geraci Siculo, l’antica capitale della corte dei Ventimiglia. Ai nostri piedi Castelbuono, dominata dal suo imponente Castello (foto qui sotto), suggerisce ricordi lontani.

Era un brumoso pomeriggio invernale del 1973. A quei tempi il castello era vuoto e abbandonato a sé stesso e non aveva un aspetto accogliente, ma il portone era socchiuso e la curiosità invincibile. Negli umidissimi ambienti seminterrati un giovane era intento al lavoro certosino del riordino di una gran quantità di materiale. Era il pronipote di una persona di cui per la prima volta quel giorno sentivo parlare: Francesco Minà Palumbo, naturalista castelbuonese morto nel 1899, che fu autore di una poderosa lettura del territorio nebrodense (così si chiamavano allora le Madonie) in chiave naturalistica, agraria, storica, preistorica, etnologica, umana in senso più ampio. Il Museo Minà Palumbo dal 1989 è ospitato nell’antico Banco di Corte dei Ventimiglia, poi carcere borbonico. Vi sono esposte parte di queste monumentali ricerche, che comprendono collezioni di minerali, fossili, utensili, l’erbario con l’intera flora spontanea delle Madonie e la corrispondenza con i maggiori esperti italiani e stranieri dell’epoca.

La storia di Castelbuono coincise per secoli con la storia dei Ventimiglia, potente famiglia di origini genovesi che, trasferita in Sicilia, raggiunse una posizione di grande rilievo. Il Castello, oggi sede del Museo Civico, divenne residenza della corte e diede successivamente il nome al centro abitato che si sviluppò intorno ad esso. In realtà, il primo impianto dell’edificio era una torre di avvistamento preesistente collegata al vicino casale bizantino di Ypsigro («luogo fresco»), risalente al XII secolo, attorno alla quale venne edificata una fortezza, successivamente trasformata in dimora nobiliare. Le fasi di edificazione del castello del Belvedere di Ypsigro e la vita quotidiana che in esso vi si svolgeva sono raccontati dai reperti archeologici rinvenuti nelle campagne di scavo effettuate nel castello (vasellame, utensili, monete, materiale lapideo) e che costituiscono il nucleo della sezione archeologica del Museo.

Nel 1454 la corte si trasferì definitivamente per ragioni «climatiche» da Geraci Siculo a Castelbuono, portando con sé un bene prezioso: la Sacra Reliquia del Teschio di Sant’Anna. Ebbe inizio così un legame indissolubile con il popolo castelbuonese che proclamò la Santa, madre di Maria, Patrona del paese. La sezione di Arte Sacra del Museo testimonia questa profonda devozione attraverso il cosiddetto «tesoro di Sant’Anna»: ori, argenti, pietre preziose, ex voto, paramenti sacri, oggetti di fede e devozione plurisecolare. Fanno parte della preziosa collezione il paliotto seicentesco ricamato con fili d’oro e d’argento, coralli, granatini e perle di fiume, e il reliquiario a busto d’argento che custodisce il Teschio, conservato nella Cappella di Sant’Anna, commissionato nel 1521 da Isabella Moncada, moglie di Simone Ventimiglia, per grazia ricevuta in seguito ad un parto difficile. Il Teschio è esposto esclusivamente nei tre giorni della festa, che ha inizio il 25 luglio con l’apertura del cancelletto e si conclude con la processione solenne del 27 luglio e la benedizione impartita al paese dal balcone della torre sud-ovest del castello, dimora della Santa. Cuore pulsante del maniero è appunto la Cappella Palatina, riccamente decorata con gli stucchi di Giuseppe e Giacomo Serpotta su fondo in oro zecchino. La decorazione della Cappella, commissionata nel 1684 da Francesco Rodrigo Ventimiglia ai maestri dell’arte dello stucco, presenta un tripudio di putti giocosi, drappeggi svolazzanti e creature immaginarie fitomorfe e zoomorfe, esemplari di una natura bizzarra e misteriosa.

Ai Ventimiglia, raffinati committenti, si deve la realizzazione di opere e l’edificazione di monumenti in tutte le Madonie. Castelbuono, capitale del principato, visse secoli di splendore testimoniati dalla ricchezza del patrimonio storico-artistico che impreziosisce il territorio. La storia di questo legame e delle evoluzioni del centro abitato, dal XII secolo ad oggi, è raccontata nella sezione Urbanistica del Museo, in un viaggio attraverso i secoli alla scoperta delle chiese, delle fontane, dei monumenti e delle architetture castelbuonesi.

Le contrade fra Castelbuono e il vicino paese di Pollina sono gli unici luoghi al mondo dove si coltiva il frassino per ottenere un prodotto prezioso, ancora oggi usato per scopi alimentari e cosmetici: la manna. La Cooperativa Madonie Explorers (327 0410244 / 320 6661849) organizza visite a un produttore di manna, ma anche trekking di mezza giornata, passeggiate con asino, ed escursioni dai pastori. Il Museo Civico del Castello e il Museo Minà Palumbo sono aperti dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 19. Chiusi il lunedì.

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