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Fondazione Falcone: alle polemiche non replicheremo più

«La bella intervista dell’ex Presidente del Senato e già Procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso chiarisce in modo limpido e inequivocabile quanto accaduto lo scorso 23 maggio sotto l’Albero Falcone. Le sue parole ci trovano perfettamente d’accordo. Condividiamo pienamente la sua volontà di spiegare, di dialogare e soprattutto di ricucire e unire: abbiamo sbagliato nei tempi, non ce ne siamo accorti e abbiamo ammesso l’errore avendo piena consapevolezza che le 17.58 del 23 maggio segnano la coscienza di tutti gli italiani». Così la Fondazione Falcone dopo le polemiche di questi giorni sull'anticipo di pochi minuti nella lettura dei nomi delle vittime nel corso della manifestazione conclusiva del 23 maggio davanti l’albero Falcone «che è di tutti, non appartiene a nessuno e nessuno può rivendicarne la paternità».

«È questo lo spirito - prosegue la nota - che da sempre anima la Fondazione Falcone: fare della memoria un luogo di coesione, non un pretesto per spaccature ideologiche. Eppure, oggi più che mai, sembra essere il giorno degli haters. Siamo di fronte a un’ondata di attacchi livorosi, in tanti provenienti, guarda caso, da profili social appena creati senza storia né identità, mossi da un’unica regia: colpire la Fondazione, denigrarne l'impegno, infangarne la credibilità. Una strategia che nulla ha a che fare con il confronto democratico e con la libera critica. Per questo la Fondazione Falcone non replicherà più a chi, nonostante le parole di Pietro Grasso, nonostante le spiegazioni già fornite, continua a chiedere scuse che non spettano - conclude - e a distribuire responsabilità infondate».

«Con lo stesso rigore - si legge ancora -, rifiutiamo i toni irricevibili usati da chi, come la famiglia Falcone, ha vissuto in prima persona le stesse tragedie e gli stessi dolori ma ha scelto ancora una volta l’attacco personale. La Fondazione Falcone non accetta lezioni di coerenza né di verità da chi si arroga il diritto di decidere chi sia degno e chi debba essere censurato, chi possa ricordare e chi debba tacere. Chi pretende rispetto, deve per primo praticarlo. Noi continueremo a lavorare in silenzio, con determinazione, nel solco tracciato da Giovanni Falcone e Paolo Borsellino».

«La memoria non è un trend da cavalcare, né una bacheca social su cui riversare rancore. È un impegno quotidiano, un’eredità da onorare con coerenza, studio e passione civile. La memoria non si difende con l’odio, ma con la responsabilità. Non si coltiva nella polemica, ma nel servizio quotidiano alla Giustizia. La Fondazione continuerà a farlo, come ha sempre fatto, senza rispondere più a chi cerca visibilità con il veleno e con la rabbia. Il 23 maggio - conclude la nota - è e resterà il giorno dell’Italia migliore. Il giorno del ricordo, dell’impegno, della speranza. E noi continueremo a difenderlo da ogni tentativo di profanazione con la voce serena di chi cerca la verità».

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