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Palermo, la commemorazione di Gaetano Costa per la prima volta senza la voce del figlio

L'appello alla ricerca della verità è arrivato stavolta dal nipote del procuratore ucciso

Gaetano Costa

Al ricordo di Gaetano Costa, il procuratore ucciso dalla mafia il 6 agosto 1980, è mancata stavolta la voce critica del figlio Michele, morto nel febbraio scorso. Negli ultimi tempi, impedito a muoversi, era costretto a seguire all’interno di un’auto la commemorazione del magistrato. E dall’auto rinnovava le sue denunce sull’isolamento del padre, sui buchi dell’inchiesta e sul fatto che «per nessun delitto di mafia eccellente è stato possibile risalire a tutte le responsabilità». Secondo Michele Costa, in carcere sono finiti «tanti tagliagole e quindi non si è risaliti a tutta la verità».

La continuità con quella voce di denuncia è ora affidata al nipote del procuratore di cui porta il nome. Anche lui si chiama Gaetano Costa. Il magistrato venne ucciso 44 anni fa in via Cavour, dove una lapide ricorda solo ora che fu eliminato «per mano mafiosa». Fino all’anno scorso mancava proprio il riferimento alla mafia, inserito dall’amministrazione comunale solo l’anno scorso.
Costa venne colpito da un sicario mentre tornava a casa a piedi e senza scorta. Si era appena fermato davanti a una bancarella di libri. Qualche mese prima si era occupato di un’operazione della polizia contro il clan Spatola-Inzerillo-Gambino. Il suoi sostituti, tranne uno, si erano rifiutati di convalidare gli arresti. Costa firmò da solo il provvedimento e si espose così alla rappresaglia di Cosa nostra.

L’inchiesta non è mai risalita ai mandanti e al killer. Uno degli esponenti della «famiglia» Inzerillo è stato accusato di essere stato il «palo» dell’agguato ma è stato assolto.

La famiglia del procuratore Gaetano Costa, ucciso dalla mafia, continuerà a cercare la verità. «Chissà che qualcosa non cambi e che un bravo magistrato non decida d riaprire tutto», dice il nipote del magistrato che porta lo stesso nome del nonno. Dopo la morte del padre Michele è passato a lui, Gaetano Costa jr, il testimone di un impegno civile che da 44 anni insegue la verità sull'agguato del 1980.

«Mia nonna Rita Bartoli Costa - aggiunge - è morta credendo nella giustizia. Mio padre verso la fine della sua vita non lo credeva più con tanto entusiasmo. A me non chiedetelo. Siamo comunque qui a testimoniare che l’impegno continua».

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