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Il gesto estremo del tredicenne a Palermo e l'ipotesi bullismo: «Non sottovalutare i segnali d'allarme»

Il presidente della sezione provinciale di Telefono Amico, Giuseppe Pirrone: «I giovani che subiscono angherie e violenza psicologica devono sapere di non essere soli. Parlare del proprio disagio può salvarli»

«L'isolamento, i silenzi, l'assenza della voglia di socializzare. Sono alcuni dei campanelli d'allarme del disagio, del male oscuro che in un adolescente può avere conseguenze drammatiche». A dirlo è Giuseppe Pirrone, presidente di Telefono Amico, sezione di Palermo, che quotidianamente offre il proprio aiuto a chi è in difficoltà e ha bisogno di un sostegno. Tra coloro che si rivolgono al centro per condividere la propria sofferenza, ci sono anche dei giovanissimi: «Ragazzi di quattordici o quindici anni - spiega - che trovano il coraggio di raccontare cosa li turba grazie al nostro servizio Whatsapp».

Adolescenti come Gabriele, l'alunno della scuola media Vittorio Emanuele Orlando di Palermo, che si è tolto la vita sabato sera, quando i suoi genitori sono usciti e lui è rimasto da solo in casa. Il sospetto è che sia stato vittima di bullismo, che i suoi coetanei abbiano inferto ferite profonde con angherie e violenze psicologiche continue, per il suo orientamento sessuale.  Mentre la procura indaga per istigazione al suicidio, ci si chiede cosa si poteva fare per evitare la tragedia. «Bisogna sensibilizzare i ragazzi - spiega Pirrone - è necessario che siano consapevoli di non essere soli, che il disagio può essere condiviso e affrontato. Un adolescente di solito ha grosse difficoltà a parlare dei propri problemi con la famiglia. Nel caso del bullismo, è sopraffatto dalla vergogna, si sente uno sconfitto. In assenza di un'apertura bisogna intercettare i segnali d'allarme: se il ragazzo si isola, si chiude in camera, evita il contatto o non vuole andare a scuola, allora forse c'è un problema. Consiglio ai genitori di fare attenzione anche a frasi come "non ce la faccio più", a cui bisogna dare il giusto peso, specialmente se pronunciate da un adolescente. Dietro a queste parole potrebbe celarsi un disagio di cui non ha mai parlato».

Tra le attività di Telefono Amico c'è anche S.O.S Giovani. «Ci contattano soprattutto attraverso l'app di messaggistica - precisa Pirrone - che abbiamo deciso di utilizzare per facilitare il contatto tra i ragazzi e i nostri volontari. Essendo un modo di comunicare a loro più familiare, li incoraggia ad aprirsi. Il nostro approccio si basa sull'ascolto incondizionato e sulla tutela dell'anonimato. Chi ci contatta deve sentirsi tutelato, accolto e mai giudicato, affrontiamo in modo assolutamente empatico ogni situazione, per un ascolto profondo e intimo, proprio come nel caso dei ragazzi che subiscono bullismo e che ci chiedono aiuto».

Al primo posto, tra gli strumenti per combattere il fenomeno del bullismo, c'è però la prevenzione: «Andrebbe fatta a tutti i livelli, a partire ovviamente dalla scuola - aggiunge Pirrone -. Ci vorrebbe uno "sportello amico" negli istituti, servirebbero delle figure professionali a cui i ragazzi possono rivolgersi nel momento in cui avvertono un disagio. La priorità è parlarne, mettere da parte la vergogna. Come abbiamo più volte ribadito durante la nostra campagna caratterizzata dall'hashtag #nonparlarneèunsuicidio. Tenere tutto dentro uccide - conclude Pirrone - invito i ragazzi ad aprirsi, a farlo anche in anonimo, chiedere aiuto può salvarli».

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