Palermo

Mercoledì 20 Novembre 2024

Porticello, muore a 49 anni l'infermiere Giuseppe Sorte: era stato trasferito da poco al Civico di Palermo

La comunità di Porticello, nel Palermitano, è sotto choc per la morte improvvisa di un amato concittadino. E' deceduto improvvisamente Giuseppe Sorte, un 49enne nato a Bagheria ma residente da tempo nella borgata marinara. Un malore, probabilmente un infarto, non gli ha lasciato scampo. L'uomo, che faceva l'infermiere all'ospedale Civico di Palermo, era sposato e padre di due bambini. Sgomenti anche i colleghi e il personale medico dell'ospedale Giglio di Cefalù, struttura in cui l'uomo aveva lavorato per quindici anni: «Siamo molto dispiaciuti nell’apprendere la notizia della scomparsa di Giuseppe, un infermiere di grande umanità, sempre vicino ai pazienti con il sorriso e con la sua professionalità - dichiara il presidente della Fondazione Giovanni Albano a gds.it -. Era un punto di riferimento per la “famiglia del Giglio”. In questi anni si è distinto nel suo lavoro ed era apprezzato da tutti. Oggi ci sentiamo vicini e partecipiamo con commozione al dolore della famiglia». Quasi tutti descrivono Giuseppe Sorte come un uomo allegro, solare e dalla battuta sempre pronta. Un professionista serio sempre disponibile e gentile con i degenti, con i colleghi e nella vita privata. Nelle parole della dottoressa Stefania Vara, responsabile del servizio infermieristico della Fondazione Giglio, una descrizione precisa e commovente di chi era Giuseppe Sorte: «Da sempre era stato impegnato nei reparti più delicati e difficili: oncologia, medicina ed infine cardiologia. Luoghi dove si tocca con mano la sofferenza, dove il confine tra la vita e la morte spesso è sottile e dove anche il sorriso, la professionalità e la dedizione di un infermiere possono fare la differenza. E Giuseppe era uno che credeva nel proprio ruolo, prima ancora che nella propria professione, non mancando mai di dare priorità al lato umano del paziente, al bisogno di attenzione e di comprensione verso il malato, al quale, insieme alla cure necessarie, non faceva mai mancare sensibilità, ascolto e disponibilità incondizionata. Anche con i colleghi era molto solare e propositivo, sempre pronto a dispensare consigli ai più giovani e sempre disponibile a fornire la propria disponibilità per la ricerca di soluzioni, miglioramenti, proposte. Uno che sapeva lavorare in squadra. Proprio presso il reparto di Cardiologia, in questi anni, ha "dato il cuore". Conservo un ricordo personale che può far comprendere meglio chi fosse Giuseppe e come interpretasse la sua professione: un giorno, mentre arrivavo in servizio alle ore 08.30, notavo nei pressi dell'orologio/timbro un gruppo di infermieri, che avevano fatto il turno di notte, smontati alle ore 07.00 ed attendevano Giuseppe per tornare insieme a casa perché viaggiavano da Bagheria. Incuriosita, ho chiesto come mai Giuseppe non avesse ancora smontato dal servizio. La collega Maggiore Anna Maria mi spiegava che lui aveva deciso di soffermarsi a lavoro, in quanto non si sentiva di venire via, malgrado avesse ultimato il proprio turno, perché c'era un paziente che era peggiorato e lui, insieme ai colleghi, stava facendo il possibile per provare a salvarlo. La vita è così, e lui lo diceva spesso. Ci teneva tanto ai pazienti. Sono rimasta molto colpita da questo piccolo, grande gesto, che ricorda il sacrificio di tanti eroi con il camice, che non si sentono tali ma semplicemente ritengono di fare il loro dovere, quello per cui hanno studiato e dedicato la loro esistenza professionale (e non solo!), trascurando famiglia ed affetti, anche se a volte questi eroi silenziosi ma preziosi dimenticati, specialmente dopo la terribile esperienza e gli enormi sforzi profusi in occasione della pandemia dovuta al Covid-19, durante la quale molti colleghi hanno pagato con la vita le cure prestate ai pazienti. Giuseppe era uno di quelli che non si era tirato indietro: anche durante il Covid aveva continuato a svolgere con convinzione e sacrificio il proprio operato. Lui diceva spesso che "morire d'infarto è la morte peggiore". Sembra un paradosso che anche lui, che lavorando in cardiologia aveva contribuito a salvare tante vite, abbia perso la propria per un infarto. In questo momento di dolore per la prematura scomparsa di Giuseppe, tutta la fondazione Giglio si stringe attorno alla famiglia, nel ricordo di un uomo eccezionale, di un professionista valido e capace, il cui esempio rimarrà nei cuori e nella memoria, facendo tesoro di ciò che ci ha trasmesso e con infinita gratitudine per il bene che ha fatto».

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