Il palermitano Giovanni Battista Sidoti fu martire della fede come don Pino Puglisi, il parroco di Brancaccio ucciso dalla mafia. Entrambi missionari, anche se a distanza di trecento anni, ma tutti e due hanno testimoniato il Vangelo fino all’estremo sacrificio. E come per il Beato Puglisi anche per Sidoti è stato aperto il processo di canonizzazione.
Domani (giovedì 11 novembre 2021) alle ore 12, nel Palazzo Arcivescovile, alla presenza dell’arcivescovo di Palermo monsignor Corrado Lorefice, sarà celebrata l’ultima sessione dell’Inchiesta diocesana i cui atti saranno consegnati dal postulatore don Mario Torcivia alla Congregazione delle Cause dei Santi per dare inizio alla fase romana.
Tante le similitudini tra i due martiri della Chiesa. Anche don Sidoti, come don Puglisi aveva lavorato a lungo con i bambini, a Manila. Poi una volta arrivato in Giappone, dove era prevista la pena di morte per chi si professava cristiano o si impegnava in opere di evangelizzazione, fu rinchiuso nella prigione dei cristiani. In quel luogo, scoperto che aveva battezzato i suoi due servitori, Sidoti fu posto in un’angusta buca si spense lentamente. Aveva appena 47 anni quando morì da martire.
Due anni fa per il missionario palermitano, nato nel 1667 e morto in fama di martirio, è stato dato il via alla fase diocesana del processo di beatificazione. «In quanto postulatore della Causa - dice Torcivia, che ha anche pubblicato un libro sulla figura - , sono particolarmente felice della conclusione della fase diocesana e spero che la Chiesa riconosca quanto prima il martirio di questo figlio della Città e della Chiesa di Palermo, che non esitò a recarsi in Giappone, nonostante l'allora chiusura di questo Paese agli stranieri, per portare il Vangelo».
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