Otta ha deciso in un giorno di quelli che in Africa durano poco perché fa buio presto e la luce è sempre fioca e rara nei villaggi. Otta ha scelto sua madre e non è avvenuto il contrario. Piccola piccola, aveva venti mesi, un paio d'occhi scuri e grandissimi ad aprirle la strada della vita, l'ha inchiodata alle sue responsabilità. Voleva lei e basta. I genitori naturali li aveva perduti e neppure conosciuti abbastanza per poterli ricordare. E così quell'incontro è diventato un colpo di fulmine.
Una bambina e una donna. Amore a prima vista fra Otta del villaggio di Nzihi, regione di Iringa in Tanzania, e Giusi D'Agostino, 49 anni, impiegata del Comune, con la doppia vita di chi ha abbracciato la causa dell'Africa e il cammino possibile dello sviluppo che la sottragga a nuove forme di colonialismo economico. La loro storia è ultramoderna ed esemplare. Ed è una lezione di civiltà giuridica. Una donna italiana single ha adottato una bambina secondo le leggi di un paese africano e ha ottenuto la ratifica della decisione di uno stato straniero dal tribunale per i minorenni di Palermo. Sono rari i casi del genere. Forse meno di cinque, un altro dei quali in Sicilia a Caltanissetta. Giusi D’Agostino viaggia fra Palermo e l'Africa da molti anni. «Avevo aderito alle attività dell'associazione Asante Sana, un nome che nella lingua swahili parlata in Tanzania, significa “grazie tante” – racconta –. Erano in corso alcuni progetti, uno dei quali nella regione di Iringa per la costruzione di una casa famiglia per bambini senza genitori».
Quella casa è a forma di cuore aperto, colorata e divisa in ambienti belli e a misura di bambino. «Era stata concepita perché venisse gestita presto dalla comunità locale - rammenta Giusi - il terreno era stato messo a disposizione dell'autorità statale e vi erano state avviate anche delle coltivazioni. Un progetto tutto siciliano».
L’incontro fra figlia e mamma, quando ancora non lo erano, risale a marzo del 2007. Otta camminava da poco, era bellissima e vivace. Tuttora quando ti rivolge lo sguardo sembra dirti: io non mento, non farlo neanche tu. Fra le due è stata promessa di lealtà subito. Da donna non sposata Giusi non avrebbe potuto coltivare facilmente il sogno che ha realizzato in un paese lontanissimo. «In Tanzania, con mia grande sorpresa, ho scoperto che essere single non è un ostacolo all’adozione né, come si potrebbe immaginare, vige una legislazione semplice o permissiva - aggiunge Giusi - Ho faticato anni fra servizi sociali, burocrazia e impedimenti vari».
Ma Otta aspettava e Giusi ha fatto a lungo la spola con in mano documenti, scartoffie, traduzioni richieste e pretese improvvise. La Tanzania è nell’Africa centro orientale, conta 55 milioni di abitanti, è una repubblica presidenziale con una burocrazia molto complessa e un corpus legislativo spesso fragile, un po’ come in tutto il continente. Tuttavia il suo sistema adottivo non fa distinzioni, un genitore solo può bastare se dimostra di essere all’altezza del compito. Nessuno probabilmente avrebbe scommesso nell’epilogo di questa storia familiare nata al di sotto dell’Equatore tanto più che non si è trattato di un’adozione internazionale (altre regole e altri percorsi) ma di una procedura portata a termine in un altro paese.
Otta ha 13 anni. Adesso è un’adolescente palermitana. Ha imparato l’italiano alla velocità della luce. Usa congiuntivo e condizionale meglio di tanti suoi nuovi connazionali. Frequenta la seconda media e a scuola è amatissima perché la sua storia ha commosso tutti e inorgoglito insegnanti e compagni capaci di coglierne il tratto eccezionale. Quando lei e la sua mamma sono arrivate insieme per la prima volta in città, sono corse subito con il decreto di adozione al Tribunale per i minorenni. Hanno depositato la sentenza, già tradotta e asseverata dall’Ambasciata italiana che ha sede nella città più grande della Tanzania, Dar Es Salam. Giusi D’Agostino si è appellata all'articolo 44 della legge 184/83 che elenca i rari casi in cui una persona non coniugata può adottare: deve essere dimostrato un lungo e stabile rapporto (fra questi un legame di parentela fino al sesto grado), il bambino deve essere orfano di entrambi i genitori. La ratifica non è stata immediata. Il giudice minorile ha incontrato mamma e figlia insieme e poi una alla volta. La loro famiglia era già bell’e fatta ma bisognava dimostrarlo ancora.
Nel febbraio scorso il tribunale di Napoli si è pronunciato a favore di una donna che ha chiesto l’idoneità come mamma di una bambina bielorussa. Una crepa nel muro del sistema adottivo italiano che difende il primato della coppia. Otta e Giusi, hanno anticipato un orientamento giuridico e soprattutto hanno ispirato uno stato in via di sviluppo che ha fornito un esempio alla opulenta Europa. Forse è anche per questo che è impossibile dimenticare la Tanzania e i piccoli di Nzihi, il villaggio dove mancano ancora tante cose ma non il sorriso. I bambini vanno a scuola, giocano con poco, vengono accuditi, vaccinati e curati se non sono sani. La mortalità infantile è in forte calo in Tanzania: nel 2017 il tasso è stato di 39,9 bimbi deceduti nel primo anno di vita su 1000 nati vivi. Nel 2007 erano stati 71,79. Otta è da poco rientrata dai luoghi dove è cresciuta. Aveva chiesto una vacanza-regalo: rivedere i suoi amici Margareth ed Essau. Ha promesso loro che tornerà tutte le volte che potrà. Ora è italiana, palermitana con accento inconfondibile. È amatissima e vuole amare. Viene dalla casa con il cuore aperto e anche nel suo c’è posto per unire due luoghi lontani che le hanno donato il futuro.
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