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Dagli Usa in vacanza a Palermo, la storia di una famiglia arcobaleno unita nell'amore

Da sinistra Eleanor Roger, Erik Mercer e Sandro Sechi ritratti a Palermo

L’incontro con Sandro (Sechi) ed Erik (Mercer), Rachel ed Eli, e con la signora Eleanor (Roger), mamma di Erik, suocera di Sandro e nonna di Rachel ed Eli, lascia negli occhi i loro abbracci, nelle orecchie le loro risate, nelle narici il profumo di libertà. È la storia di una famiglia, di un’amicizia, di diritti rispettati. Proveremo a raccontarla con la semplicità e il candore con cui loro l’hanno spiegata a noi e, nello stesso tempo, facendo attenzione che il nostro infinito bisogno di rassicurazione non venga lacerato da alcun vento imprevisto, che le nostre malferme certezze non vengano inquietate, né venga molestata la nostra quotidiana finzione.

Prima di tutto vi diciamo che adesso il gruppo vive a Portland, nell’Oregon: «Ho lasciato l’Italia per New York nel 2004, lì ho lavorato per Rizzoli, ho conosciuto Erik e ci siamo innamorati», racconta Sandro. E qui immagini Meryl Steep e Bob De Niro che in quella libreria sulla Quinta – oggi sparita - scivolano tra i libri di Natale, s’incrociano, si guardano, s’incontrano, si perdono, si ritrovano.

«Dopo qualche anno abbiamo sentito la necessità di metter su famiglia. Volevamo dei figli: Erik ha una amica carissima fin dai tempi dell’università, Rachel, con tre figli suoi, che si era detta disponibile a diventare la madre surrogata dei nostri, ponendo una sola condizione: che gli ovuli non fossero i suoi. Così abbiamo fatto ricorso a due diverse donatrici di ovuli per la fecondazione in vitro».

Quasi otto anni fa è nata la prima bambina: come chiamarla se non Rachel? Un anno e mezzo dopo, è arrivata Eleanor. «La prima donatrice era una ragazza di 28 anni che con il compenso ha pagato il dottorato e non ha voluto conoscerci. L’abbiamo scelta perché rispecchiava la nostra coppia, metà americana e metà italiana; la seconda donatrice, invece, era di religione ebraica, per omaggiare “mamma” Rachel. Per noi è stata un’esperienza emotivamente forte, e un atto di generosità immenso quello della nostra amica».

Erik e Sandro, che è stato assistente di Oriana Fallaci, non hanno voluto sapere quali dei loro spermatozoi siano stati fecondati: «Per noi non ha importanza, siamo entrambi padri».

La storia continua: a quattro anni Eleanor è diventata Eli: «Prima era una bambina timida e taciturna. Sono state le maestre a segnalarci che a scuola aveva deciso di essere un maschietto, utilizzava il bagno dei bambini. Abbiamo capito che la sua era una presa di posizione chiara e l’abbiamo assecondata.

La lingua inglese non prevede accordi ma l’italiano sì, e se le chiedevo: “Sei stanca?”, immediatamente mi correggeva “stanco”. Ci siamo adeguati tutti, in famiglia, a scuola, nella comunità. Eli oggi è un maschietto felice».

Eccolo che arriva, con una deliziosa faccia da monello e la maglietta dell’Inter con il suo nome sulla schiena: corre da papà Erik, che promette una maglia… rosanero. Fa il suo ingresso anche Rachel, incantevole bambina, che si nasconde tra le braccia di papà Sandro: ecco a voi una famiglia in cui educare significa «accompagnare», non addestrare o indottrinare. Sono a Palermo per festeggiare i 50 anni di Erik.

«Io amo l’Italia, conosco bene la Sardegna perché è la terra di Sandro, ma ero curioso di scoprire anche la Sicilia, Palermo che mi ricorda Casablanca, il Nordafrica: è bellissima», dice il festeggiato. E Sandro: «Prepariamo questo viaggio da un anno: abbiamo prenotato un albergo nel centro storico dove, oltre a noi, alloggeranno altre 50 persone tra amici e familiari – compresi Rachel e il marito Tony - mentre per altre 10 abbiamo trovato un hotel vicino. Arrivano da tutto il mondo: New York, Boston, San Francisco, Paesi Bassi, Spagna. Sarà una bella festa. Tra street art, l’itinerario arabo-normanno, e i mercati, Palermo ha molto da offrire. Il mare? A Mondello daremo una sbirciatina, meglio Isola delle Femmine: ci piacciono le atmosfere familiari».

Sono reduci da una vacanza a Napoli e Pompei e da un giro in barca tra le isole del golfo, giù fino a Panarea: «È stato questo il regalo di alcuni amici di Sandro. We enjoied… un botto», dice Erik, pasticciando italiano e inglese. «Buon cibo e un ottimo prosecco già alle 9 del mattino».

In Italia la loro famiglia non si sarebbe mai potuta costituire, ma come vive nell’America di Trump? Risponde Erik, l’americano: «Sono molto triste per l’America, ma anche fiducioso perché gli americani sono migliori del loro presidente». Che genitori siete? «Ci piace bilanciare gli stili educativi italiani e americani, i bambini devono avere regole. Noi cerchiamo di trasmettere loro dei valori. E tanto amore».

Portland è città gay friendly. «I genitori di Erik – racconta Sandro - sono entrambi ministri della chiesa protestante, suo padre mi ha introdotto come “il marito di mio figlio”. Ci occupiamo entrambi dei bambini, necessariamente io di più perché Erik viaggia molto per lavoro, ma quando è a casa è presente al 100%». Erik è uno psicologo, lavora con i condannati a morte, Sandro invece ha una scuola di italiano che funziona bene, c’è tanta gente che vuole impararlo. «Quando in casa cerco di parlare italiano – confessa Erik – i bambini mi prendono in giro».

Arriva la mamma di Erik, esuberante e simpatica ottantenne, abbraccia i nipoti, ride: «Sandro è il mio professore d’italiano. Mi piace stare con loro, mi fanno divertire». In questi giorni un canale americano trasmette il video «Guys next door», dentro c’è tutta la loro storia. Proprio mentre Sandro, Erik, Rachel, Eli, Eleanor e tutti i loro amici, a Palermo, festeggiano la vita.

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