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«Nostra figlia nata grazie all'eterologa, quante lacrime e quante speranze»

PALERMO. Sul primo respiro di Gaia scorrono i titoli di coda di un film che va in onda al contrario. E c'è l'immagine di una mamma con sorriso più profondo delle lacrime: «Sì, questa è mia figlia». E in quel «mia» c'è un modo di affrontare le difficoltà.
Scorrono, le immagini. E si rivede il parto, il volto tirato di chi diventerà mamma fra pochissimo: «Ho avuto paura. E' anche stato doloroso. Ma per me è un ricordo bellissimo».

E come potrebbe non esserlo? Se per arrivare in quella sala operatoria ci sono voluti sette anni, otto fecondazioni assistite, tanti soldi presi in prestito e ancora da restituire. E la scelta più difficile: «Quando ci siamo sposati - ricorda il papà di Gaia - abbiamo subito provato ad avere un figlio. Ma non arrivava». Da lì inizia una trafila nota in Sicilia, secondo le statistiche, a circa 5 mila coppie: «Quando è arrivato l'esito degli esami ho saputo di essere sterile.

Da lì è iniziato il tunnel. Non è stato facile accettarlo. Ma ho subito capito che non dovevo arrendermi» ricorda il papà. Lui non prova mai vergogna per quella diagnosi. Finisce anche in sala operatoria per provare a risolvere il problema. Ma è tutto inutile. E quando viene prospettata l'unica soluzione possibile, la sceglie al volo: fecondazione eterologa. Sua moglie avrà il seme di un altro uomo.

Il film continua a scorrere al contrario. C'è lui, non ancora papà, che si avvicina al centro medico Genesy di Palermo, diretto da Giuseppe Valenti, prende in mano un foglio. Con l' altra mano afferra il telefono: «Sei incinta e il valore è alto». E' una frase con un codice che può decriptare solo chi ha attraversato quel tunnel.

Dal 2010 al 2013 i futuri papà e mamma di Gaia volano a Salonicco e lì fanno sette tentativi di fecondazione assistita eterologa. In Italia all'epoca è una pratica vietata da un legge che nel 2014 verrà demolita dalla Cassazione. A Salonicco le spese si moltiplicano, come i fallimenti. Alcuni beffardi: «Per due volte - ricorda lei - il primo test dopo la Fivet ha dato esito positivo. Ero incinta, anche se il valore che indicava questo stato era basso. E infatti al secondo test il sogno è sempre svanito».
Nel frattempo, in quegli anni, lui stipula prestiti («Alcuni non siamo ancora riusciti a restituirli») e lei vede le amiche diventare mamme.

«Io passavo le giornate a piangere - ricorda adesso che Gaia è lì accanto a lei - e ricordo la cattiveria della gente. Quegli inviti alle feste dei bambini dei nostri amici, in cui io ero l'unica ad andare da sola. Quelle batttutine delle mie vecchie amiche». Eppure quanta speranza c'era stata prima di quei viaggi a Salonicco: «Ci dicevano che le possibilità erano elevate. E allora abbiamo iniziato a combattere con tutte le nostre forze». E' la stessa speranza che anche ora hanno migliaia di coppie siciliane. Che attendono che la Regione sblocchi i finanziamenti per dare un contributo a chi è costretto ad affrontare spese che non vanno mai sotto i tremila euro a tentativo (viaggi esclusi).

La Regione aveva provato a regolare la materia e i fondi con un decreto dell'ottobre 2012. Da lì in poi sono arrivati altri tre provvedimenti ma di soldi non se ne sono ancora visti. Né sono nati i centri pubblici specializzati previsti nel 2014, quando l''eterologa è diventata una soluzione e non un' eresia anche in Italia.

E c'è, in questo Far West di regole, un ultimo problema. Lo mette sul tappeto Giuseppe Valenti, il medico che ha fatto nascere Gaia: «Le donazioni sono ancora troppo poche. Soprattutto da parte delle donne. Siamo costretti a ricorrere a banche estere. E ciò fa lievitare i costi per la coppia. Bisogna sensibilizzare donne e uomini a donare il seme e l' ovocita. E' una battaglia anche culturale. E questi ragazzi che oggi abbracciano Gaia ne sono i testimonial».

Lo sono diventati senza volerlo. Gaia è - almeno per le cronache - fra le prime bambine nate a Palermo da eterologa e per di più al primo tentativo con un seme donato da un siciliano. In Italia, secondo stime dell'European hospital di Roma sarebbero già cento i bambini nati grazie a questa tecnica e almeno mille le coppie che hanno fatto un tentativo. Gaia tutto questo non lo saprà.

I genitori vogliono proteggerla, perfino dai parenti: «Quanto ridiamo quando ci dicono che la bambina assomiglia al papà...». Hanno deciso così fin dal primo momento. Il film che volge al termine li inquadra di nuovo, appena sposini e già in lacrime: «Eravamo in chiesa a pregare. Avevamo ascoltato dei nostri amici che si lamentavano del fatto di aver figli e urlavano che non avrebbero mai voluto farli. Lì abbiamo iniziato a lottare». In quell'inverno del 2009 Gaia è ancora un progetto, un'idea. L'eterologa è una parola da pronunciare sottovoce, un viaggio da affrontare senza conoscere la meta. Oppure un respiro, un soffio, che una madre riconoscerà in questo 2015 che sta finendo.

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