Il centro assistenza sanitaria per le persone migranti che è al contempo anche l’unità operativa semplice di dipartimento Patologie infettive per le popolazioni vulnerabili, all’edifico 10B dell’ospedale Civico, porta il nome di Lucia Pepe. E a detta del responsabile Tullio Prestileo e di tutti coloro che l’hanno conosciuta e con lei hanno lavorato, non poteva essere altrimenti.
Lucia, donna dal cuore generoso e professionista esemplare, laureata in Lingue e Culture Moderne nel 2011 e in Lingue per la Comunicazione e la Cooperazione Internazionale nel 2015, ha dedicato la sua vita a diffondere valori di giustizia sociale e solidarietà. Nella sua breve ma intensa vita, perché a soli 34 anni (il 19 settembre 2023) una malattia l’ha portata via, è stata mediatrice culturale all’Asp e in tante altre realtà del territorio. Parlava con gli uomini e le donne che arrivavano da lontano in cerca di un futuro diverso e migliore e li aiutava ad esprimere i pensieri e i loro bisogni. Nelle loro lingue, i giovani venuti dal mare, raccontavano a Lucia i rischi che avevano corso per arrivare in Sicilia. E lei li faceva sentire a casa, spiegava loro come fare ad avere un’identità anche sui documenti, come curarsi, come cercare un lavoro, come trovare un posto in questo nuovo mondo.
«L’avevo conosciuta senza sapere che fosse la figlia del primario dell’Hospice del Civico, Nuccio Pepe. Ricordo l’amore, la dedizione e la professionalità che metteva nel suo lavoro. E’ stata un esempio per tutti – dice Tullio Prestileo - e ora nel centro dove trascorro le mie giornate sento quasi il suo profumo, come se fosse qui con noi. In realtà credo ci sia davvero».
Il centro nasce dall’esperienza condotta all’interno di un ospedale generale, realizzata in collaborazione con una rete cittadina di associazioni, impegnata sul territorio nella cura delle popolazioni migranti. Considerando la vulnerabilità di queste popolazioni, la difficoltà dell’accesso alle strutture sanitarie e le barriere linguistiche e culturali, è stato disegnato un nuovo modello organizzativo con la collaborazione di una rete di centri di accoglienza periferici che segnalano i pazienti con l’obiettivo di offrire uno screening per le infezioni sessualmente trasmissibili, la tubercolosi, la presa in carico delle patologie, anche non infettive, la cura e il follow-up. Oltre alle azioni cliniche e assistenziali, l’Unità operativa di Patologie infettive nelle popolazioni vulnerabili, unitamente al centro per l’Assistenza alle persone straniere, svolge attività finalizzate all’integrazione sociosanitaria.
Nel momento della svelatura della targa, per mano del direttore sanitario, Domenico Cipolla, e del direttore amministrativo, Vincenzo Barone, si avverte nell’aria una forte emozione. La sentono tutti, soprattutto mamma Giuseppina e papà Nuccio che alzano lo sguardo al cielo e si abbandonano alla carezza che sta facendo loro Lucia. E’ felice e ringrazia tutti, non solo perché la ricordano e la amano sempre, ma soprattutto perché continuano in terra il suo progetto che lei, da qualche altra parte, sta continuando a portare avanti.
Chi l’ha amata, i suoi genitori, Nuccio e Giuseppina, e tutti i suoi amici, hanno deciso di costituire un’associazione dal nome La Casa di Lucia con l’intento di continuare l’impegno della giovane promuovendo valori di accoglienza, uguaglianza, cooperazione internazionale e sviluppo sostenibile dell’ambiente e aiutando concretamente le popolazioni dell’Africa. E d’ora in poi i suoi amici che vengono dal mare, come li chiamava lei, entreranno in quel reparto e leggeranno sulla porta il nome di Lucia che, forse loro non lo sanno, sarà lì nascosta a sostenerli e a vegliare su loro, come ha sempre ha fatto.
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