Ecco il gene che favorisce l’obesità, lo studio dei medici dell’Università di Palermo su una rivista internazionale
Esiste un gene che contribuisce all’obesità. Lo dimostra uno studio del gruppo di ricerca in Nutrizione Clinica, Obesità e Malattie del Metabolismo guidato da Silvio Buscemi, ordinario di Nutrizione Clinica all’Università di Palermo e presidente eletto della Società Italiana dell’Obesità. La ricerca, dal titolo Factors associated with body weight gain and insulin-resistance: a longitudinal study, è stata pubblicata su Nutrition & Diabetes, prestigiosa rivista del gruppo Nature, una delle più antiche e importanti riviste scientifiche esistenti, forse quella considerata di maggior prestigio nell'ambito della comunità scientifica internazionale. Lo studio ha rilevato che i portatori di anomalie a carico del gene PNPLA3 hanno maggiori probabilità di sviluppare obesità. «Questo gene - spiega Buscemi - regola meccanismi di autofagia a livello epatico, attraverso i quali è possibile distruggere ed eliminare parte dei grassi consumati in eccesso. Anomalie a carico di questo gene sono note favorire l’accumulo di grasso a livello epatico». Lo studio, secondo chi lo ha condotto, apre una nuova prospettiva poiché «chi ne è portatore, avendo difficoltà ad eliminare grassi assunti in eccesso, potrebbe avere una maggiore propensione all’obesità». Del gruppo di ricerca fanno parte anche Carola Buscemi, Cristiana Randazzo, Anna Maria Barile, Simona Bo, Valentina Ponzo, Rosalia Caldarella, Alexis Elias Malavazos, Roberta Caruso, Piero Colombrita, Martina Lombardo. Il lavoro condotto dai medici di Palermo chiarisce anche come l’insulino-resistenza non sia causa dell’obesità, piuttosto un meccanismo di difesa, una conseguenza che si instaura in risposta alla sovralimentazione al fine di proteggere l’ambiente intra-cellulare. «Pertanto - commenta Buscemi -. ridurre farmacologicamente l’insulino-resistenza, senza ridurre la sovralimentazione, non è utile a curare l’obesità e potrebbe, in linea teorica, provocare effetti nocivi».