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Termovalorizzatori in Sicilia, Schifani: «I rifiuti da costo a risorsa»

Intervista al presidente della Regione: «Gli impianti di Palermo e Catania eviteranno gli extracosti per portare la spazzatura all’estero e produrranno un ricavo con l’energia»

Un premio per i due impianti, il «Pimby Green 2025», lo ha già ricevuto, venerdì sera a Roma del presidente di Assoambiente Chicco Testa, «con gran soddisfazione, perché assegnato dall’associazionismo che non dice “no” alla tecnologia e preferisce smaltire i rifiuti anziché spedirli all’estero», mentre sull’utilità e importanza dei termovalorizzatori di Palermo e Catania il presidente della Regione, Renato Schifani, proprio qualche giorno fa ha risposto ai giudici della Corte dei Conti, che in materia hanno aperto un dossier pieno di interrogativi. Quanto ai siciliani, rimarca il governatore dalla festa dei giovani di Forza Italia celebrata ieri a San Benedetto del Tronto, «dopo un periodo di diffidenza credono ormai fermamente in un progetto che l’Isola attende da decenni», e che tra poco entrerà nel vivo, «con la firma del contratto d’appalto per il piano di fattibilità tecnico-economica fissata per il 22 settembre. Seguiranno le gare per la progettazione esecutiva, la costruzione e la gestione delle strutture. Alla fine del 2026, potranno iniziare i lavori, la cui conclusione è prevista nel 2028».

Presidente, ma siamo sicuri che i due impianti servano? Alternative non ce n’erano?
«No, perché le discariche sono sature e la differenziata non riesce da sola a smaltire i cumuli in fase di compostaggio. A bocce ferme, l’unica soluzione è quella di inviare la spazzatura oltre lo Stretto, pagando 100 milioni l’anno di extracosti. I termovalorizzatori eviteranno questo problema e supereranno le emergenze, ma produrranno anche un ricavo: assorbiranno il 30% dell’energia prodotta per il loro funzionamento mentre il restante 70% verrà immesso sul mercato, concorrendo alla riduzione della tariffa di ingresso. Così, i rifiuti verranno utilizzati come risorsa, per creare finalmente un’economia di scala».

Eppure sulla differenziata stiamo facendo passi avanti e secondo le previsioni di Legambiente il residuo non riciclabile potrebbe ridursi a 250 mila tonnellate l’anno, mentre i due impianti ne smaltiranno 600 mila. Per questo, la Corte dei Conti teme che i termovalorizzatori siano sovradimensionati. Cosa avete risposto?

«Va innanzitutto ricordato che il lavoro svolto dai magistrati contabili sul tema non ha valenza ispettiva, ma si inserisce nella normale attività di collaborazione tra la Corte e la Regione e si tradurrà in un referto finale che non avrà comunque effetto autorizzativo né tanto meno sanzionatorio. Abbiamo risposto con garbo e serenità alle loro osservazioni, dimostrando che i conti sono in regola che gli impianti non sono sovradimensionati. Nel frattempo, continua il nostro dialogo con Bruxelles e con il ministero dell’Ambiente, che stanno valutando tutti gli aspetti del progetto, supportato da una consulenza di altissimo livello, dagli ex ministri Corrado Clini per la parte ambientale e Giovanni Tria quella economica».

Le strutture faranno risparmiare 100 milioni di euro l’anno, ma quanto ci costerà il conferimento? Si parla di 220 euro a tonnellata, con un costo complessivo annuale di 132 milioni di euro. C’è il rischio che la scelta si riveli antieconomica, anche in previsione del rialzo delle tariffe Ue sulle emissioni climalteranti?

«I calcoli nel dettaglio sono ancora da fare e le spese dipendono dalla qualità della progettazione e dall’efficienza dell’impianto. Puntiamo su costi di conferimento sotto i 200 euro a tonnellata. Inoltre prevediamo di realizzare diversi impianti di trasformazione dei rifiuti in Css (Combustibile solido secondario) sul quale la tassa Ue è molto più bassa. Pertanto, i cittadini spenderanno di meno rispetto a oggi considerando soprattutto che il progetto è finanziato solo con denaro pubblico, 800 milioni di euro, proprio per evitare che il privato possa poi recuperare investimenti attraverso le tariffe per il conferimento, senza dimenticare i ricavi derivati dall’energia prodotta dagli impianti».

È sereno anche sull’altro dossier aperto dalla Corte di Conti, sulla gestione dell’acqua?

«Certo che sì, anche perché il nostro cronoprogramma per arginare la siccità sta andando avanti. Tra pozzi nuovi o riattivati, lavori sulle condutture, sistemazione delle traverse e dissalatori, abbiamo già prodotto oltre 2.500 litri di acqua in più al secondo, ma contiamo di arrivare a quota 5.000 il prossimo anno con l’arrivo dei due impianti di desalinizzazione previsti a Palermo in project financing. Così, stiamo cominciando a vedere la luce in fondo al tunnel dell’emergenza».

Eppure l’Autorità di bacino ha disposto modalità eccezionali di prelievo dai volumi residuali degli invasi. Ma siamo messi ancora così male?

«È un’indicazione che ripete quanto la Cabina di regia sulla crisi idrica fa già da un anno. Grazie anche al nostro cronoprogramma di interventi emergenziali non siamo combinati male, anzi ci sono notevoli miglioramenti rispetto al 2024. Esistono purtroppo dei problemi per l’irriguo in alcuni invasi della Sicilia occidentale a causa della scarsa piovosità che si protrae da oltre 4 anni».
A proposito di giudici e Autorità, il Tar ha fissato per il 13 gennaio l’udienza di merito sulla nomina di Annalisa Tardino a commissario del Sistema portuale della Sicilia occidentale, chiesta da

Palazzo d’Orleans. Nel frattempo con il ministro Salvini vi siete sentiti?

«No, nessun contatto. Noi andiamo avanti, perché siamo convinti di essere nel giusto: contrariamente a tante altre nomine di Stato in cui è richiesta una generica preparazione di settore, per le autorità portuali una legge specifica ne fissa rigorosamente stringenti requisiti».

E il clima con il Carroccio in Sicilia?

«Ottimo, i rapporti non sono cambiati di una virgola. Considero quanto accaduto sull’Autorità portuale un incidente di percorso. Evidentemente non ci siamo capiti con Matteo, ma non c’è nulla di personale, né con lui né con Tardino. A me interessa solo che l’ente venga guidato da una figura competente in materia. Per questo non ho avanzato nessun candidato, ma preteso una persona in grado di gestire al meglio il 50% delle flotte siciliane, come ha fatto Pasqualino Monti».

 

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