
Alla fine di un vertice andato avanti per quasi quattro ore i partiti del centrodestra hanno ottenuto dal presidente un assegno da 12 milioni e mezzo. Così Palazzo d’Orleans finanzierà le proposte dei deputati per allargare la manovra bis che inizia oggi il suo cammino in aula all’Ars. Ma Schifani ha preteso che quello firmato non sia un assegno in bianco: è un no alle mance che adesso però va difeso di fronte al Parlamento.
È stata una partita a scacchi, quella giocata ieri a Palazzo d’Orleans, dove Schifani ha riunito segretari di partito e capigruppo insieme al presidente dell’Ars Gaetano Galvagno. Il governatore ha ottenuto la certezza che la maggioranza assicurerà una rapida approvazione della manovra bis e in particolare del testo base, che stanzia 50 milioni: 15 per laboratori di analisi e fisioterapisti, 5 per aiutare le imprese a trovare nuovi mercati e resistere ai dazi americani e altrettanti per gli enti che assistono i poveri. E poi ancora fondi per incrementare i flussi negli aeroporti minori e per realizzare impianti di gestione dei rifiuti nel Messinese e a Palermo.
Braccio di ferro sul tesoretto
Su tutto questo Schifani ha il via libera degli alleati. Ma poi il presidente ha messo sul tavolo il tesoretto da 25 milioni ricavato dalla riscrittura della legge che assegna contributi alle imprese che assumono: una norma che doveva entrare in vigore a gennaio e che per il no di Bruxelles non sarà operativa prima dell’autunno. Ciò ha permesso a Schifani di dirottare sulle proposte dei partiti almeno la metà del budget iniziale di 50 milioni.
Ed è a questo punto che però la maggioranza ha mostrato più di una divergenza. La scintilla è stata una provocatoria proposta avanzata da Marianna Caronia, Massimo Dell’Utri e Saverio Romano di Noi Moderati: «Abbiamo proposto - sintetizzano - di impiegare tutti i 25 milioni per misure che permettano di abbattere le liste d’attesa. Ma la nostra proposta non è passata, anche se c’è l’impegno del presidente a inserirla nella prossima manovra, quella estiva».
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