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Batosta per il Comune di Palermo, per la Cassazione deve quasi 20 milioni di euro agli operai Coime

Guai grossi in arrivo. Dal Coime, il coordinamento interventi di manutenzione edile. Per il Comune potrebbe essere una botta che sfiora i 15 o forse i 20 milioni di euro, i calcoli precisi si stanno concludendo in queste ore. Una tegola talmente pesante da mettere in discussione i conti del Comune e che può provocare dall'oggi al domani il blocco della spesa per riuscire a recuperare le somme necessarie per fare fronte alla nuova falla nei conti dell’ente. Dall’entourage del sindaco la preoccupazione è che si debbano rivedere le programmazioni del personale comunale già avviati. E i sindacati entreranno in allarme.

Il danno lo porta una sentenza della Corte di Cassazione che annulla la precedente della Corte d'appello e alla quale rimanda per la definizione anche delle spese processuali. In sostanza si dà ragione ai dipendenti del Coime che avevano chiesto la condanna dell'amministrazione al pagamento delle differenze retributive maturate dal primo agosto del 2015.

Era accaduto che lo Stato aveva bloccato la contrattazione collettiva per contenere i costi per il personale nel maggio del 2010. Ma una pronuncia della Consulta, intervenuta nel 2015, ha giudicato incostituzionale la sospensione della contrattazione collettiva. E così, secondo i ricorrenti, il Comune era tenuto a corrispondere gli aumenti non solamente agli impiegati assoggettati alla disciplina pubblica degli enti locali, ma anche a quelli che lavoravano nella pubblica amministrazione pure avendo una disciplina di diritto privato come il Coime, per l'appunto, che applica il contratto degli edili.

Palazzo delle Aquile aveva riequilibrato gli stipendi di tutti i dipendenti pagando la cosiddetta vacanza contrattuale, tutti tranne agli edili. Questo proprio nella considerazione che per essi non valevano le regole della contrattazione pubblica.

Una volta tanto, c'è da dire, l'amministrazione comunale nelle sue diverse successioni politiche non ha avuto torto a mantenere questa linea. Perché così le era stato confermato da due distinti e autorevolissimi pareri, uno della Corte dei Conti e l'altro della Ragioneria generale dello Stato. E così, nelle cause intentate dai lavoratori, il Comune ha resistito, forte anche del sostegno di quell’indirizzo.

Il Tribunale aveva ritenuto applicabile ai dipendenti Coime il solo blocco dei dipendenti stipendiali, non quello della contrattazione collettiva. Solo che la Corte d'appello è pervenuta a una conclusione del tutto diversa, partendo dalla natura pubblica del datore di lavoro aveva escluso qualsiasi possibilità di recupero delle procedure negoziali bloccate per il Coime secondo il contratto nazionale di riferimento.

Una vicenda complessa, convulsa, in qualche modo contorta. Ma che alla fine della fiera si conclude a favore dei lavoratori, a meno di clamorose novità in sede di riassunzione della causa davanti alla Corte d'appello. Di fatto, però, la Cassazione fissa il principio in base al quale non c'è una disposizione legislativa che vieti di «non riconoscere gli aumenti retributivi stabiliti dalla contrattazione nazionale per il personale delle imprese edili e dal contratto integrativo provinciale.

Questo significa che chi ha fatto ricorso potrà recuperare l’arretrato di dieci anni. Ma, com’è noto, una pronuncia della Suprema Corte ha effetti a valanga anche sui chi non aveva fatto la causa, basta solamente che presentino una intimazione con cui chiedono l’applicazione del principio, ma solo relativamente agli ultimi cinque anni (termine di prescrizione dei debiti da lavoro). Si muoveranno, e c’è da giurarci, anche coloro che, nel frattempo, sono andati in pensione. In tutto si parla di una platea fra 500 e 700 persone. Numeri consistenti, insomma.

«Dobbiamo valutare ancora l’impatto di questa sentenza - spiega Dario Falzone, assessore al Personale -. Col sindaco abbiamo programmato una riunione alla presenza degli uffici coinvolti».
L’avvocatura comunale accende una lucina di speranza. fa sapere che con la riassunzione davanti alla Corte d’appello qualche carta da tentare c’è e la si può giocare. Tutto, però, almeno dalle facce scure e dalle dichiarazioni di circostanza, lascia pensare che questo sarà l’ennesimo incidente - inaspettato - al quale dovere fare fronte aprendo i cordoni della borsa.

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