Le società che si occupano di pubblicità esterna (riunite sotto la sigla Aspes) offrono al Comune quattordici buoni motivi per modificare il bando per l'assegnazione quinquennale (rinnovabile) degli spazi pubblicitari e riaprire i termini, evitando che a procedura conclusa una caterva di cause paralizzi il settore. L'assessorato alle Attività produttive ha chiesto agli uffici di andare a conclusione della gara, che risale alla vecchia amministrazione: ha suddiviso la città in 14 lotti, obbligando le imprese a partecipare solamente a tre. Una limitazione che potrebbe dare luogo «a patti illeciti, incasellando le offerte con rialzi minimi» con un danno per le entrate del Comune. L'ideale, secondo gli imprenditori, è far fare una offerta su tutti e 14 i lotti, firmando una graduatoria; e poi lasciare all'amministrazione il compito di assegnarne solo tre per ogni azienda che risultasse vincitrice.
Il documento consegnato all'amministrazione dal presidente di Aspes, l'avvocato Salvatore Drago, contiene tutti i punti critici di un bando che, peraltro, è stato anche impugnato (deciderà il Cga il 12 dicembre). Ma l’obiettivo delle aziende è di salvare il bando, non farlo naufragare, al di là dell’impugnativa. Cercano di convincere gli uffici a riaggiornare la selezione, eliminando, anche prima della decisione del Consiglio di giustizia amministrativa, quelli che secondo loro sono gli aspetti più controversi .
A partire da quella indicazione del bando, che ha previsto l'obbligo di indicare all'esterno della busta il numero dei lotti di partecipazione. «Una previsione - scrivono - che viola il principio della segretezza delle offerte». Con la conseguenza che coloro che dovessero leggere l'esterno delle buste «potrebbero presentare l'offerta con un incremento minimo in un lotto sul quale non punta nessuno».
Significativo appare pure l'elemento del bando che determina la tariffa a base d'asta. Non è previsto il pagamento del canone unico patrimoniale, nonostante due diversi interpelli al responsabile del procedimento. Scrive l'Aspes che così «l'amministrazione si troverà a gestire un appalto in cui un articolo del capitolato prevede il pagamento, mentre le risposte del Rup lo escludono», sostanzialmente assorbendo tutto nella tariffa. Una circostanza che sicuramente darà la stura a contenziosi sul pagamento del canone, del valore di decine di milioni.
Così come appare molto curioso che la tariffa media di gara - di 164,42 euro a metro quadrato - sia la stessa per tutte le tipologie di spazi e quindi anche per la pubblicità a Led, benché attualmente la voce tariffata dal regolamento sia di 247,90. Cioè la tipologia che presto assorbirà tutte le altre viene ridotta del 33% con una perdita di gettito certa per l’ente. Altro elemento da correggere sarebbe la mancata previsione nel capitolato d’appalto che gli spazi nella disponibilità dell’amministrazione si possano utilizzare anche per la pubblicità elettorale. «Tale grave dimenticanza - scrivono nella nota le aziende aderenti all’Aspes - costringerà il Comune a dover gestire nei prossimi dieci anni tale servizio, sostenendo maggiori costi per centinaia di migliaia di euro».
Ma poi ci sarebbero anche pasticci sulla titolarità degli impianti. Fino a quello che viene definito «il maggiore vulnus dell’intero capitolato». E cioè la confusione che disciplina i confini fra i lotti in cui devono essere collocati gli impianti: potrà dare luogo a contenziosi «che permetteranno alle ditte ricorrenti di bloccare o rallentare la decorrenza dell’appalto». Per non considerare, infine, la mancata previsione di prevedere la devoluzione gratuita degli impianti e dei relativi plinti (le fondamenta che contengono anche gli allacci tecnologici nel caso dei tabelloni a led), con la conseguenza che le imprese al termine della concessione potranno smontare le vecchie e le nuove dovranno scavare per collocare le nuove strutture.
Nessuno è contentissimo di questo bando. Lo stesso assessore alle Attività produttive, Giuliano Forzinetti, lo ammette: «Sicuramente era stato fatto in modo poco accurato e presenta diverse contraddizioni. La più evidente era quella inerente al pagamento del suolo pubblico, in palese contrasto con la norma nazionale (prevede il canone unico patrimoniale) che noi abbiamo eliminato. Ci siamo confrontati con l'avvocatura e l'intendimento è quello di aspettare dicembre, la sentenza del Cga che ci dirà se procedere con lo svolgimento della gara bandita dalla precedente amministrazione oppure farne una nuova. L'importante - conclude Forzinetti - è andare avanti in una delle due direzioni, in modo da regolamentare per la prima volta un settore critico e importante per il gettito fiscale della nostra amministrazione».
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