«Forme di pressione sui giudici di Palermo» e «insinuazioni sulla giustizia». L’Associazione nazionale dei magistrati scende in campo nel vespaio scatenatosi dopo la richiesta di condanna a sei anni per Matteo Salvini da parte della procura al processo Open Arms. Il sindacato delle toghe difende i colleghi impegnati nel procedimento a carico del vicepremier contro quelle che definisce «reazioni scomposte, anche da parte di esponenti politici e di governo». Il riferimento in quest’ultimo caso è alle parole dei membri dell’Esecutivo, in primis il presidente del Consiglio, che mezz’ora dopo la requisitoria era intervenuta con un netto post sui social: «È incredibile che un ministro della Repubblica Italiana rischi sei anni di carcere per aver svolto il proprio lavoro difendendo i confini della nazione, così come richiesto dal mandato ricevuto dai cittadini - aveva scritto Meloni sui social -. Trasformare in un crimine il dovere di proteggere i confini italiani dall’immigrazione illegale è un precedente gravissimo».
Ma, all’indomani di questa dura critica della premier, è arrivata la reazione della giunta esecutiva sezionale di Palermo dell’Anm: «Sono state rivolte nei confronti di rappresentanti dello Stato nella pubblica accusa insinuazioni di uso politico. Sono dichiarazioni gravi, non consone alle funzioni esercitate, in aperta violazione del principio di separazione dei poteri, indifferenti alle regole che disciplinano il processo, che minano la fiducia nelle istituzioni democratiche e che costituiscono indebite forme di pressione sui magistrati giudicanti», contrattacca l’Associazione.
Attestati di solidarietà a Salvini erano poi arrivati anche da altri membri del governo, tra cui lo stesso ministro della Giustizia Carlo Nordio, il quale aveva ribadito le sue perplessità sul processo in maniera sottesa, rimandando «ai tanti articoli che ho scritto in merito prima di diventare ministro». Un attacco deciso alla magistratura italiana era inoltre arrivato da Elon Musk, che su X aveva scritto: «Quel pazzo pubblico ministero dovrebbe essere lui quello che va in prigione per sei anni, questo è pazzesco».
Anche per questo in queste ore l’Anm fa quadrato intorno alle toghe di Palermo: «I colleghi hanno rassegnato, con compostezza e diffuse argomentazioni giuridiche, rispettose dei principi dettati dalla normativa sovranazionale e nazionale in materia di salvataggio in mare, le conclusioni di un processo delicato sotto molteplici punti di vista. Sarà il tribunale a vagliare la fondatezza dell’accusa, con indipendenza e terzietà, guidato solo dallo scrupoloso rispetto di tutte le norme vigenti in materia. La piena uguaglianza di tutti di fronte alla legge è l’autentica essenza della democrazia, a prescindere dalla carica e dal rilievo politico, ed il processo che si sta celebrando a Palermo è esso stesso un momento di fondamentale democrazia». L’auspicio dell’Associazione adesso è che i magistrati possano «svolgere la loro delicatissima funzione in piena libertà ed indipendenza, sine spe nec metu, nell’interesse esclusivo della Repubblica».
Contro queste dichiarazioni però si scaglia proprio una ex magistrata, Simonetta Matone, ora deputata della Lega. «L’Anm - dice - è il lupo vestito da agnello: a non rispettare la divisione dei poteri è certa magistratura politicizzata che da decenni avvelena il dibattito pubblico e influenza la storia di questo paese. Se qualche magistrato desidera far politica per abbattere i confini, può sempre candidarsi insieme alla Salis». Sul fronte opposto il vicecapogruppo del Movimento 5 Stelle alla Camera, Agostino Santillo: «L’attacco frontale alla giustizia italiana di Salvini e l’ancor più grave difesa di Giorgia Meloni, ci dicono quanto questo governo non abbia alcuna cultura democratica e costituzionale».
Nella foto Gery Ferrara, uno dei pm al processo Open Arms
Persone:
Caricamento commenti
Commenta la notizia