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Strage di via D'Amelio, Nordio: «Se depistaggio c'è stato, difficile che La Barbera possa aver fatto tutto da solo»

Il ministro era sostituto procuratore quando l'ex capo della mobile dirigeva l'ufficio di Venezia. L'intervento del Guardasigilli dopo la proiezione di un docufilm su Falcone e Borsellino a Palazzo San Macuto a Roma

Arnaldo La Barbera

«La Barbera l’ho conosciuto negli anni ‘80 quando dirigeva la squadra mobile di Venezia e io ero sostituto procuratore. Mi riesce difficile pensare che un uomo solo possa concepire un depistaggio, se depistaggio c’è stato, così sofisticato e prolungato, perché da questo sono emerse delle indagini e sono stati fatti dei processi, emesse delle condanne ed eseguite. Ora qualcuno sta riprendendo in mano quelle indagini, ma è molto difficile arrivare a delle verità perché i fatti sono ancora avvolti nel mistero». Così il ministro della Giustizia Carlo Nordio intervenuto in videocollegamento dopo la proiezione di un docufilm su Falcone e Borsellino a Palazzo San Macuto a Roma. Il ministro è così intervento commentando le indagini sui depistaggi per la strage di via D’Amelio, in cui è citata la figura di Arnaldo La Barbera, il poliziotto scomparso nel 2002.

«Abbiamo sentito nel docufilm le parole terribili pronunciate da Borsellino, il quale ha ripetuto che la magistratura forse ha più colpe più di ogni altro perché cominciò a fare morire Falcone dal primo gennaio 1988. La verità va detta tutta: Falcone fu privato della sua legittima aspettativa di diventare prima capo dell’ufficio istruzione del tribunale di Palermo e poi capo della super procura antimafia, creata appositamente per lui. Questo isolamento fu la prima causa dell’uccisione di Falcone», ha detto Nordio nel suo videointervento.
«Quando vieni isolato nel tuo stesso ambito è un pò come una condanna a morte», ha perseguito Nordio, per il quale «Falcone fu umiliato sia da una parte della magistratura e sia da una parte della politica». Il ministro ha anche aggiunto che «lo stesso avvenne con Borsellino. Fu isolato e, quel che è peggio, sulla sua morte non si è nemmeno fatta luce e verità».

«Con questo docufilm si è voluto segnare un passo per rispondere all’incapacità di raccontare delle storie che sono più forti e più costruttive di quelle che spesso i nostri ragazzi scelgono sui social network. Non mi aspetto che dal giorno alla notte il docufilm diventi virale, ma che, invece di sostenere sui profili Tik Tok lo sfarzo della camorra o le canzoni di alcuni cantanti che non si preoccupano di inneggiare la criminalità organizzata, si possa trovare sui profili social dei nostri ragazzi più giovani storie come quella di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino». Così il presidente della commissione parlamentare antimafia, Chiara Colosimo, alla presentazione del docufilm a Roma, a Palazzo San Macuto, ’Falcone e Borsellino, il fuoco della memorià, realizzato dal Dipartimento di Scienze Politiche e delle Relazioni Internazionali dell’Università di Palermo.

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