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Tanti siciliani continuano a curarsi fuori: per la sanità regionale un «buco» nelle casse di oltre 330 milioni

È emerso nel corso della giornata di studi che si è tenuta a Palermo nell’ambito di un evento organizzato da InSanitas e dalla Regione, in collaborazione con Innogea, Collage Spa e Ordine dei giornalisti

Resta ancora alta la mobilità in uscita dei pazienti siciliani che scelgono di curarsi al di là dello Stretto. Una «fuga» verso altri nosocomi che crea un «buco» nelle casse della sanità siciliana di oltre 330 milioni di euro. Questo il risultato della giornata di studi realizzata oggi, 31 gennaio, all’Nh Hotel di Palermo nell’ambito dell’evento «Curarsi in Sicilia», organizzato da InSanitas e dall’assessorato della Salute della Regione siciliana, in collaborazione con Innogea, Collage Spa e Ordine dei giornalisti di Sicilia.

I dati non mentono. Sono ancora tantissimi i siciliani che scelgono di farsi curare fuori dall’Isola. E la maggior parte di questi Drg è composta da casi di bassa e media complessità. «Stiamo affrontando un problema spinoso - dice Salvatore Requirez, dirigente generale del Dasoe che ha aperto il convegno - nella nostra regione esistono delle vere e proprie eccellenze nel campo della sanità, la cui conoscenza però sfugge a troppi». La Sicilia, secondo i dati, è la terza regione italiana dopo Campania e Calabria per Drg di fuga: «Bisogna frenare la mobilità in uscita dei ricoveri - dice Requirez - Si tratta nella maggior parte dei casi di prestazioni che possono essere facilmente ed efficacemente erogate nella nostra Isola. Allora cos'è che non funziona? Prima di tutto una giusta comunicazione. Anche da parte dei medici».

Vittorio Scaffidi Abbate, presidente onorario di Innogea, ha illustrato i numeri. A partire dal dato sui ricoveri. Il confronto è stato fatto sul 2020 e sul 2022. «Non abbiamo ancora dati disponibili per il 2023 e quindi questi numeri vanno presi un po' con le molle - ha detto - sappiamo tutti cos'è successo in Italia nel 2020». In generale il numero dei ricoveri in Italia nel 2022 è cresciuto, rispetto al 2020, del 10,8 per cento con un totale di 1.869.610 ricoveri a fronte di 1.686.910 del 2020. Ma ancora non ai livelli del 2019, quando erano 2.016.781. La stessa tendenza si è registrata in Sicilia: nel 2022 i ricoveri sono stati 138.058 con un + 9,9 per cento rispetto al 2020 (125.621). Nel 2019 erano 145.331. I dati, estrapolati da Agenas, l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, sono stati analizzati su 8 aree cliniche e intrecciati secondo 45 parametri ben precisi. A un aumento dei ricoveri, è aumentata anche la percentuale di mobilità passiva, ossia dei pazienti che vanno a curarsi al di fuori della Sicilia. Praticamente in tutte le aree cliniche prese in considerazione. Per quanto riguarda i trapianti la percentuale di Drg è del 26,8 %; segue otorinolaringoiatria (17,7%), oncologia (16,5%), urogenitale (8,6%), muscoloscheletrico (7,5%), pediatria (7%), respiratorio (4,2%), digerente (3,7%), cardiovascolare (3,6%), cerebrovascolare (2,8 %), perinatale (1,6%). Numeri che sono tutti in aumento rispetto agli stessi dati che si riferiscono al 2020: la realtà fotografata è questa e questo fenomeno «non tende a regredire». è stato detto.

I dati raccontano anche di una Sicilia che dal punto di vista delle qualità delle prestazioni sanitarie non è messa male. Sono tantissimi gli ospedali nell’Isola che in termini di riuscita degli interventi raggiungono livelli superiori a quelli della media nazionale. «Faccio un esempio dei trapianti di midollo osseo - dice Scaffidi - che hanno una mobilità del 20%. Eppure, in Sicilia si fanno con ottimi risultati. Così come i trapianti di cornea, che non sono molti, ma che hanno una mobilità del 70 per cento. O ancora i trapianti di rene (mobilità del 20%) o di fegato (mobilità 15%), o ancora cuore o polmone (mobilità 17 per cento); in Sicilia ci sono strutture all’avanguardia. E’ chiaro che l’esito clinico non è l’unica determinante di questi Drg di fuga. Ma ci sono altri punti, come l’immagine, oppure i consigli dei medici di base che influenzano la scelta del paziente a rivolgersi altrove. Ed è qui che bisogna intervenire con una corretta comunicazione. Proprio a partire dai medici di famiglia, ma anche gli stessi ospedali devono aggiornarsi. Basta aprire i siti web delle strutture meridionali con quelli del Nord. Il confronto è impietoso. Non deve essere solo la bravura dei giornalisti».

Roberto Gueli, presidente dell’Ordine dei giornalisti di Sicilia, ha lanciato una proposta: «Queste giornate sono molto interessanti, non solo per i giornalisti ma anche per voi medici - dice - sarebbe bello organizzarle almeno due tre volte l’anno per fare degli approfondimenti e dei confronti utili. Noi, come Ordine, siamo pronti a metterci sempre a disposizione».

«C'è una mobilità passiva che fa perdere oltre 330 milioni di euro alla sanità siciliana - ha concluso Requirez - a fronte di una mobilità da altre regioni di poco più di 100 milioni. Il saldo, com'è facile fare i conti, è molto negativo. Mi pare evidente che questo sistema necessita di manovre correttive. Perchè, se togli questi soldi dalle casse della sanità, difficilmente chiuderai in pareggio. Cominciamo a fare autocritica. I medici devono essere consapevoli che è necessario informare bene il paziente. C'è ancora tanto da fare».

Nel video le interviste a Salvatore Requirez, Vittorio Scaffidi Abbate e Roberto Gueli

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