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Palermo, due pignoramenti alla Rap ma per l'azienda non ci sono

L'Agenzia delle entrate e riscossione ha notificato due atti: uno di 1,5 milioni e l'altro di circa 178 mila euro

La sede della Rap, in piazzetta Cairoli, a Palermo

Sono due gli atti di pignoramento subìti dalla Rap dall'Agenzia delle entrate e riscossione: uno di 1,5 milioni e l'altro di circa 178 mila euro. Tecnicamente un pignoramento presso terzi, cioè alla fonte dei flussi di denaro in favore dell'azienda, il Comune in questo caso. Come se a un lavoratore pignorassero in sostanza lo stipendio rivolgendosi direttamente al datore di lavoro. La procedura innescata si deve a una norma nazionale la quale prevede che per qualsiasi pagamento erogato da un Comune superiore a 5 mila euro bisogna interrogare l’Agenzia per sapere se il creditore non sia anche debitore nei confronti della pubblica amministrazione. Questi i fatti, documentabili ovviamente.

L'azienda di piazzetta Cairoli, guidata da Giuseppe Todaro, riferisce però «di non avere subito alcun maxi-pignoramento». In una nota si spiega che l'azienda ha prontamente presentato «l’istanza di annullamento in autotutela motivando l’errato addebito di imposte, sanzioni ed interessi, effettivamente non dovuti – prosegue la precisazione -. L'accoglimento dell’istanza, da parte dell’Agenzia delle entrate – riferisce la società di igiene ambientale - è stato ottenuto lo scorso 20 ottobre. L’istanza motivata ha prodotto l’annullamento della pretesa tributaria che si riferiva ad un primo modello dei redditi anno 2016 che era stato sostituito dalla Rap con una nuova dichiarazione integrativa dalla quale non scaturivano le imposte accertate dall’agenzia delle entrate». Dunque, il pignoramento c'è stato, ma è stato impugnato. Visti i tempi stretti l'azienda probabilmente non aveva ancora trasmesso la nuova situazione agli uffici comunali. La stessa Rap, comunque, ammette che «rimane un debito residuo di circa 177 mila euro (un secondo atto di pignoramento presso terzi, ndr) che ad avviso di questa azienda risulterebbe anch’esso non dovuto».

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