Ustica: quindici anni dopo Francesco Cossiga, Giuliano Amato rilancia la pista del missile francese. La presidente Giorgia Meloni invita l’ex premier a riferire al governo ciò che sa. Parigi, da parte sua, fa sapere di aver «già fornito ogni elemento in suo possesso ogni volta che è stato chiesto. Restiamo ovviamente a disposizione per lavorare con l’Italia se ce lo chiederà». Si muove anche il Csm, con il vicepresidente Fabio Pinelli che annuncia la richiesta alla procura di Marsala «di rendere accessibili tutti gli atti del procedimento di potenziale interesse» dell’inchiesta, condotta da Paolo Borsellino, sul «buco nero» nei tracciati radar di quella sera. Mentre il Copasir mercoledì prossimo valuterà se intervenire.
Magistratura, Parlamento, società civile. In 43 anni decine di migliaia di pagine sono state scritte sulla strage, senza tuttavia che ci sia quella finale, con il nome dei colpevoli. La ricostruzione di Amato attribuisce la responsabilità alla Francia, «con la complicità degli americani e di chi partecipò alla guerra aerea nei nostri cieli la sera di quel 27 giugno. Si voleva fare la pelle a Gheddafi, in volo su un Mig». Ma il rais fu avvertito del pericolo da Craxi e non salì su quell’areo; il missile colpì il Dc9 dell’Itavia uccidendo 81 passeggeri. Da allora, spiega, c’è un «terribile segreto di Stato, o meglio, un segreto di Stati» per nascondere la verità. Potrebbero scioglierlo la Francia o la Nato. Da qui l’invito ad Emmanuel Macron a «togliere l’onta che pesa» sul suo Paese: dimostri che la tesi del missile è infondata oppure «si scusi con l’Italia e le vittime». Ma anche in Italia c’è chi ha contribuito a coprire e depistare, accreditando la tesi prima del cedimento strutturale del velivolo e poi quella della bomba a bordo.
In un momento di relazioni non idilliache con Parigi, la premier Meloni non intende aprire un nuovo fronte. Premette che «nessun atto riguardante la tragedia del Dc9 è coperto da segreto di Stato» e definisce quelle di Amato «parole importanti che meritano attenzione», ma «frutto di personali deduzioni. Chiedo ad Amato di sapere se, oltre alle deduzioni, sia in possesso di elementi che permettano di tornare sulle conclusioni della magistratura e del Parlamento, e di metterli eventualmente a disposizione, perché il governo possa compiere tutti i passi eventuali e conseguenti».
Su Ustica come sulle altre stragi è in corso da alcuni anni la desecretazione degli atti, sulla base di direttive di vari premier. Si tratta però di un processo non sempre fluido e non tutte le amministrazioni hanno versato tutti i documenti all’Archivio di Stato.
Da premier Amato aveva provato a bucare il muro di gomma scrivendo ai presidenti di Francia, Usa e Libia, Chirac, Clinton e Gheddafi, sollecitandoli a fare luce. Ma senza successo. Anche per questo le inchieste aperte, con le rogatorie, non hanno accertato responsabilità penali. Il giudice Rosario Priore concluse definendo «ignoti» gli autori della strage, mentre il processo per depistaggio a carico di ufficiali dell’Aeronautica si chiuse con assoluzioni. Il tribunale civile di Palermo nel 2011 ha condannato i ministeri di Difesa e Trasporti a risarcire i familiari delle vittime per non aver garantito adeguate condizioni di sicurezza. Una nuova inchiesta è stata aperta - e non archiviata - dalla procura di Roma nel 2007, dopo le parole di Cossiga sul missile francese: anche Amato fu sentito come testimone.
Sul caso sono intervenuti i due vicepremier. Quella di Amato, ha detto Antonio Tajani, «è la sua versione. C’è stato un processo, tocca alla magistratura indagare. Le relazioni tra Stati non sono legate a un’intervista». Secondo Matteo Salvini , «è assolutamente necessario capire se ci sono anche elementi concreti a sostegno delle sue parole. Visto il peso delle affermazioni e il suo ruolo rilevante all’epoca dei fatti, attendiamo commenti delle autorità francesi».
Plaude ad Amato Daria Bonfietti, presidente dell’Associazione parenti delle vittime della strage di Ustica, che ha sempre sostenuto la tesi del missile. Ora, fa sapere, «mi aspetto che il governo si attivi con la Francia. Non è bello che i nostri alleati ci trattino così». Di tenore opposto le parole del generale Leonardo Tricarico, dell’Associazione per la verità sul disastro aereo di Ustica: «Quelle di Amato - accusa - sono tutte fandonie che non hanno retto nel dibattimento penale nel quale è emersa una verità incontrovertibile: quel velivolo è stato vittima di un attentato terroristico con una bomba a bordo».
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