«Il volto della Città e dell’intera Sicilia è sfigurato. Tutti noi sappiamo però che non si tratta di un’emergenza. Quello che è accaduto in questi giorni è l’esito ultimo di decenni di decisioni, di scelte, di gesti, di omissioni. La responsabilità di questo disastro ricade certo su chi ha avuto in mano la cosa pubblica, sulla politica; sulle nostre crepe educative, come anche sul modo di annunciare il Vangelo delle nostre comunità cristiane; ricade su di noi, su di noi in quanto popolo». È un messaggio teso e disperato, che riporta alla memoria la «Sagunto» citata dal cardinale Salvatore Pappalardo ai funerali del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, quello dell’arcivescovo di Palermo Corrado Lorefice nel giorno in ci si fa la conta degli danni provocati dagli incendi.
Il messaggio di Lorefice parte dalla devastazione della Chiesa del convento di santa Maria del Gesù, dove sono andate distrutti capolavori del ’400 e simboli della fede religiosa di Palermo, come la teca del santo Benedetto il Moro, patrono del capoluogo siciliano. «Ieri pomeriggio - scrive l’arcivescovo - sono stato in mezzo a voi a Santa Maria di Gesù in preda alle fiamme, mentre vegliavamo attoniti i resti carbonizzati di San Benedetto».
«Non abbiamo fatto abbastanza - prosegue - per cambiare la nostra Casa comune, la Terra; per mettere fine alla logica dello sfruttamento e del profitto e combattere le mafie; per difendere l’ambiente, il territorio, i nostri beni culturali; per creare opportunità di lavoro e servizi sociali. Siamo stati pigri, indolenti, individualisti, fatalisti, distratti da gretti interessi di parte. Il panorama desolato delle nostre città in fiamme, riscaldate da un vento infernale, avvolte dal fumo, prive di acqua e di elettricità, è lo specchio di tutto questo. Voglio dirvi però, in nome del Vangelo, che la speranza non è finita. Che ci sono attorno a noi e dentro di noi energie di riscatto e di novità. Miei cari e amati Palermitani, miei cari figli e figlie della Chiesa di S. Mamiliano, S. Rosalia, S. Benedetto il Moro e del Beato Pino Puglisi, alziamoci in piedi! Riprendiamo il filo della nostra storia, il flusso fecondo della nostra fede sostenuto dalla preghiera».
«Gesù dalla montagna - conclude - esortava i poveri ad alzarsi e a mettersi in marcia: questo vuol dire la parola del Vangelo «Beati i poveri!». Mettiamoci su questa strada, entriamo in questa schiera, sentiamo la responsabilità di creare un mondo diverso, per noi e per coloro che verranno. Il tempo è ora. La chiamata è ora. Tutti voi, donne e uomini di buona volontà, unitevi, uniamoci. Io sono e sarò accanto a voi, per compiere quest’esodo, per uscire dalla morsa della schiavitù e dell’ingiustizia, per cantare insieme il canto della liberazione e della consolazione».
Nella foto il convento di santa Maria di Gesù devastato dall'incendio
Persone:
Caricamento commenti
Commenta la notizia