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A Palermo vertice per assegnare 400 beni confiscati: «Al lavoro per velocizzare le pratiche»

Nel capoluogo oltre la metà degli immobili, 126 in provincia di Agrigento. Il sottosegretario Ferro: «Servirà meno tempo per la certificazione e i controlli»

Quasi 400 i beni da assegnare. È lungo l'elenco di immobili tra le provincie di Palermo, Agrigento e Siena sottratti alle organizzazioni criminali a cui dovrà essere attribuita una nuova gestione. L'iter è partito nel capoluogo siciliano, in prefettura, e coinvolge anche i sindaci. In questa fase saranno acquisite manifestazioni di interesse per 261 immobili in provincia di Palermo, 126 in provincia di Agrigento e altri 10 in provincia di Siena.

L'obiettivo in futuro è lo svecchiamento delle pratiche di assegnazione dei beni confiscati: «Stiamo pensando ad una white-list del sociale - spiega il sottosegretario all'Interno Wanda Ferro - che possa velocizzare la parte della certificazione e dei controlli».

Il prefetto di Palermo Maria Teresa Cucinotta invita a non abbassare la guardia contro la criminalità organizzata. «La mafia ha subito dei colpi grossissimi, l'ultimo dei quali la cattura di Matteo Messina Denaro, ma tende a riorganizzarsi. Cosa nostra non abbandona il territorio e, come abbiamo visto ieri con il blitz 'Resurrezione', continua con le estorsioni che consentono proprio l'attaccamento al territorio. È sempre importante tenere alta la guardia, sotto tutti i punti di vista, nella lotta alla mafia", dice.

«Il 68% delle aziende gestite dall'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (Anbsc) sono scatole vuote: non sono mai state operative e non hanno mai avuto personale. Non hanno mai prodotto nient'altro, se non fatture false, o riciclato denaro di provenienza illecita», sottolinea il direttore dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (Anbsc), Bruno Corda. «Il 5% delle aziende sono inoltre attive sul mercato - aggiunge -. Si tratta di 170 realtà che occupano circa tremila addetti, prevalentemente al Sud. Poi esiste un 27% di aziende da monitorare. Dobbiamo impegnarci affinché queste abbiano una migliore condizione di accesso al credito e la possibilità di superare lo choc di legalità: cioè passare da una economia illegale a una legale». Nel video Wanda Ferro e Bruno Corda.

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