Nel centrodestra la parola d'ordine è «stemperare». Dopo la tempesta sul patrocinio del Gay Pride da parte del Comune di Palermo (difeso dal sindaco e contestato dalla sua vice, Carolina Varchi, con la sequela di prese di posizione che hanno dato una rappresentazione poco coesa della maggioranza), il lavoro che si sta portando avanti è quello di abbassare i toni. Sopire, smorzare, placare, attenuare, addolcire, allentare, rinviare: sono tutte manovre per le quali Roberto Lagalla, se vuole, è un campione senza rivali. E in questa fase, molto delicata per la sua giunta, sa che non può permettersi passi falsi. E nemmeno pregiudicare i rapporti con la sua vice e assessore al Bilancio, la Varchi, parlamentare di Fratelli d'Italia, che ha avuto un ruolo importante a Roma nello sbrogliare le carte per la rimodulazione del piano di riequilibrio finanziario. Per cui fino a quando il Consiglio non avrà votato il provvedimento (entro fine mese, obbligatoriamente) e poi il bilancio di previsione (Lagalla vorrebbe che accadesse prima del Festino) non si deve muovere nemmeno una foglia.
Tanto è vero che Lagalla - dopo avere rintuzzato le pressioni di Forza Italia per il rimpasto immediato - sta tenendo a freno anche tutte le campagne acquisti con relativi cambi di casacca dentro Sala delle Lapidi. Si dice, ad esempio, che si sia molto arrabbiato, perché la Dc Nuova voleva annunciare il passaggio di un consigliere leghista. «Non vi azzardate a muovervi», è stata la sostanza del discorso.
Sa che tutto è affidato a un gioco fragile. Basta prendere la carta sbagliata per mandare il suo progetto a carte quarantotto. E infatti l'altro ieri, col profluvio di dichiarazioni che hanno messo all'angolo i meloniani, si è arrivati a un passo dallo strappo. Sabato la Lega era andata in soccorso di Lagalla con le parole del parlamentare regionale, Vincenzo Figuccia. Ma ieri un cambio radicale di posizione dei vertici del partito suona come una sconfessione. «La Lega non supporta le passerelle ai Gay Pride, tantomeno i relativi patrocini concessi dalle pubbliche amministrazioni», è la nota a firma del commissario regionale, Annalisa Tardino, del segretario provinciale, Francesco Di Giorgio, e del capogruppo in Consiglio, Alessandro Anello.
Intanto, si rianima l'opposizione. Che si infila nella spaccatura del centrodestra. A cominciare dal Pd. Fabio Giambrone, Giuseppe Lupo, Rosario Arcoleo e Teresa Piccione vedono volare «gli stracci mentre la città affonda. Il contrasto con il resto della maggioranza - dicono - mostra una maggioranza che aggrega mondi completamente differenti, senza idee comuni». Ugo Forello e Giulia Argiroffi, del gruppo Oso, sostengono che «l'isolamento di Fratelli d'Italia è emblematico. Sui diritti fondamentali e sulle libertà essenziali delle persone non si può e deve discutere». Sceglie un registro di sostegno alla scelta del sindaco Fabrizio Ferrandelli: «Credo che il sindaco stia iniziando a mostrare la sua cifra umana e politica che va oltre la compagine politica che lo ha eletto e si sta elevando a primo cittadino di tutti. Mentre lui vola alto, la sua maggioranza resta attaccata al piccolo cabotaggio e a prese di posizione ideologiche che non attengono all’amministrazione di una grande città». A testa bassa Carmelo Miceli, del gruppo misto, a cui la risposta del sindaco alla Varchi («Io sono il sindaco di tutti») è sembrata tiepida: «Sintomo di un incomprensibile e inaccettabile stato di sottomissione della giunta a Fratelli d’Italia». «Il vicesindaco si ricordi di rappresentare l’intera città e non la parte più retriva, e sempre più minoritaria, della comunità», sostengono Sergio Lima, componente della segreteria regionale del Pd e della direzione nazionale, e Aurora Ferreri, responsabile del dipartimento regionale Diritti.
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