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«Escluso ingiustamente dalla commissione per il Pnrr»: fa ricorso contro la Regione e vince

Il geologo Francesco Cannavò aveva contestato una disparità di trattamento in sede di esami e criticato l’operato dei commissari. Il Tribunale ha imposto una nuova selezione e un diverso organo giudicante. Poi ha inviato le carte alla procura di Palermo e alla procura della Corte dei Conti

Palazzo d'Orleans a Palermo, sede della presidenza della Regione Siciliana

Dovrà sostenere una nuova prova con una nuova commissione il geologo Francesco Cannavò escluso dal concorso per selezionare 12 esperti per i progetti legati al Pnrr. Secondo il candidato «nonostante un ottimo curriculum e un’esperienza documentata, al suo posto la commissione esaminatrice aveva scelto tra gli altri una persona che aveva eseguito la prova con la telecamera spenta e un altro che in materia di appalti era stato valutato con un punteggio uguale a zero».

Il geologo, assistito dagli avvocati Nadia Spallitta e Pietro Vizzini, aveva contestato una disparità di trattamento in sede di esami e criticato l’operato dei commissari si era rivolto al Tar di Palermo per ottenere un posto di esperto. Ha ottenuto così i video dei colloqui della selezione. I giudici della Seconda sezione del Tar presieduti da Federica Cabrini hanno accolto il ricorso e imposto una nuova prova con una nuova commissione. I giudici hanno inviato tutte le carte alla procura di Palermo e alla procura della Corte dei Conti.

Il ricorso era stato presentato contro l’assessorato alle autonomie locali e della funzione pubblica e la presidenza del consiglio dei ministri. Nel ricorso sono state elencate una serie di irregolarità che sarebbero state compiute in sede di valutazione.

«Risulta agli atti, pertanto, che la Commissione di valutazione, almeno in un caso, - si legge nella sentenza - ha consentito a un candidato di rispondere alla domanda di carattere tecnico senza che rimanesse accesa la telecamera per il tempo di risposta, non chiedendo lumi al riguardo e proseguendo nel colloquio come se tale circostanza non fosse stata di alcuna rilevanza. Cosa che non è nel caso di specie: laddove un colloquio venga svolto in videoconferenza, è necessario garantire che il collegamento rimanga attivo per tutto il tempo di svolgimento della prova; si tratta dell’unico serio presidio che consente di mantenere un ragionevole livello di trasparenza della stessa, non essendo altrimenti possibile verificare se il candidato risponda alle domande esclusivamente sulla base della propria preparazione teorica, senza l’ausilio di strumenti di supporto alla memoria».

«Vi è stata, quindi, un’evidente disparità di trattamento con il ricorrente, che ha tenuto sempre attivo il collegamento in videoconferenza con la Commissione (come del resto hanno fatto tutti gli altri candidati di cui parte ricorrente ha prodotto le registrazioni)», prosegue.

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