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Fratelli d'Italia si spacca in due e per Schifani scoppia la grana assessori

Renato Schifani e Giorgia Meloni

In Fratelli d’Italia è resa dei conti fra parlamentari e aspiranti assessori esterni all’Ars. Una crisi del partito leader della maggioranza che allarma il presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani. Orientato però a «tenere il punto», cioè a non aprire la giunta a chi non è stato eletto all’Ars.

La miccia che ha fatto esplodere la polveriera è stata la telefonata con cui il premier Giorgia Meloni e il presidente del Senato Ignazio La Russa hanno cambiato la rosa di nomi che Fratelli d’Italia aveva fino a un paio di giorni fa virtualmente consegnato a Schifani. La nuova lista non prevede più i nomi di Giusy Savarino e Giorgio Assenza, big del consenso e fondatori del partito ad Agrigento e Ragusa. Fuori entrambi per fare spazio al consigliere comunale palermitano Francesco Scarpinato e alla ex deputata ennese Elena Pagana, moglie di Ruggero Razza.

La notizia si è diffusa giovedì mattina proprio mentre veniva votato il presidente dell’Ars, Gaetano Galvagno, il siciliano più vicino a La Russa. E la crisi subito apertasi nel partito ha messo a rischio questa elezione. In una riunione tenuta prima della votazione una parte del gruppo avrebbe voluto prendere tempo su questa elezione in attesa del chiarimento sulla giunta, ma alla fine è stata la stessa Savarino a suggerire di non fare strappi all’interno del gruppo, sostenendo Galvagno.

Ma dopo l’elezione del presidente dell’Ars, nel tardo pomeriggio di giovedì, si è svolta una seconda riunione del gruppo dai toni molto più accesi. Una riunione che ha rischiato di rimettere in discussione tutto. Giorgio Assenza, ma non solo lui, ha chiesto di applicare alla scelta sugli assessori un criterio territoriale: per cui per far spazio ai nomi decisi a Roma dovrebbe uscire il palermitano Alessandro Aricò, visto che Scarpinato è di Palermo. E anche il nome di Elvira Amata (la messinese sicura di entrare in giunta) è tornato in discussione per il principio del numero di voti conquistato.

È saltato anche l’equilibrio dentro la corrente degli ex Diventerà Bellissima, perché dietro la scelta di imporre la Pagana i deputati hanno visto la regia di Musumeci e questo ha provocato delusione e amarezza verso l’ex leader. A questo punto l’area ex Diventerà Bellissima ha perso compattezza. Ma anche nell’area con più marcato Dna di FdI lo scontro è aperto perché i deputati sono in rivolta contro le scelte dei leader delle correnti: da Manlio Messina, big sponsor di Scarpinato, fino a Francesco Lollobrigida, che ne ha perorato la causa a Roma. Un mix esplosivo che nella riunione di giovedì sera nessuno è riuscito a controllare. La situazione stava sfuggendo di mano e alla fine i tredici deputati - anche quelli non direttamente coinvolti nelle trattative sulla giunta - hanno deciso di consegnare ai segretari regionali, Giampiero Cannella e Salvo Pogliese, il mandato a ridiscutere con La Russa e la Meloni la scelta di aprire la giunta a non deputati.

Il gruppo si è autoconvocato di nuovo per lunedì pomeriggio. E attende da Cannella e Pogliese, invitati a partecipare, la risposta sullo stop agli esterni in giunta. I due segretari ieri sono rimasti abbottonatissimi. Anche perché sanno che a Roma, al quartier generale di Fratelli d’Italia, la scelta è stata fatta e una discussione non è più in agenda.

La palla in questo modo passa a Schifani, che fra lunedì sera o martedì mattina ufficializzerà la giunta visto che mercoledì dovrà andare all’Ars per far giurare gli assessori. Toccherà al presidente nel week end confrontarsi con Fratelli d’Italia e prendere una decisione. Ieri anche Schifani non ha rilasciato dichiarazioni ufficiali anche se la sua linea è trapelata da Palazzo d’Orleans e ricalca quella illustrata nei giorni scorsi, quando ha detto che «in giunta voglio solo parlamentari eletti, ad eccezione del tecnico che guiderà la Sanità (Giovanna Volo, ndr)». Frasi ripetute perfino pochi minuti dopo l’elezione di Galvagno, quando già la crisi dentro Fratelli d’Italia era evidente: «Non ritengo di poter rivedere questo principio, per cui ribadirò ai partiti della maggioranza di condividere questa mia impostazione nella rosa di nomi che mi presenteranno per la nomina degli assessori».

Il presidente è invece intenzionato ad accogliere la richiesta di FdI sul cambio delle deleghe inizialmente deciso: alla destra andranno il Turismo (ciò provocherà lo spostamento del forzista Edy Tamajo alle Attività Produttive), le Infrastrutture (il favorito è Aricò) e i Beni Culturali, che erano stati chiesti invece dalla Lega per Vincenzo Figuccia.

Schifani discuterà con i vertici di FdI di un problema innescato dalla loro richiesta: tutti gli alleati, se ci fosse un'apertura ad assessori esterni, cambierebbero la rosa di nomi già consegnata. Totò Cuffaro ha detto ieri di essere «d’accordo sul fatto che gli assessori siano parlamentari. È chiaro però che se si dovesse aprire a scelte di assessori esterni, anche la Dc vorrà partecipare a designare il suo tecnico». Per questo da Palazzo d’Orleans i pochi che ieri si sono confrontati con lui lasciano trapelare che «il presidente è intenzionato a tenere il punto sul no agli esterni». Una linea che permetterebbe a FdI di indicare nomi diversi da quelli già sul tappeto, ma «pescando» dal gruppo parlamentare. Su questo nel week end scatterà il confronto decisivo.

 

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