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L'associazione dei familiari delle vittime e Maria Falcone: «Negata la verità sulle stragi di mafia»

Numerose le reazioni alla sentenza del processo sul depistaggio per la strage di via D'Amelòio.

I familiari delle vittime

In una nota il coordinatore nazionale dell'Associazione dei familiari delle vittime di mafia, Giuseppe Ciminnisi, prima ricorda che «dopo dieci ore di camera di consiglio il Tribunale di Caltanissetta ieri sera ha emesso la sentenza sul depistaggio sulle indagini nella strage di Via D'Amelio, dichiarando prescritti i reati per Mario Bo e Fabrizio Mattei e assolvendo Michele Ribaudo». Poi aggiunge che «l’accusa nei confronti dei tre poliziotti era quella  di concorso in calunnia aggravata dall'aver favorito Cosa nostra, contribuendo a costruire il falso pentito Vincenzo Scarantino».

Infine, trae un'amara conclusione: «Non entro nel merito della sentenza - dice - che certamente ha le sue motivazioni, ma trascorsi trenta anni dalla strage nella quale morirono il giudice Paolo Borsellino ed i componenti della sua scorta, non mi rimane che prendere atto di una giustizia che - su quell’evento - non c’è stata e non potrà mai esserci, e di una verità che emerge in maniera soltanto parziale, che non spiega ancora la genesi delle stragi».

Ciminnisi è coordinatore nazionale dei familiari di vittime innocenti di mafia e dell’associazione I Cittadini contro le mafie e la corruzione. «A nome mio e dei familiari di vittime innocenti di mafia che rappresento nell’associazione di cui mi onoro di far parte, esprimo la mia vicinanza e solidarietà ai familiari delle vittime della strage di via D’Amelio», conclude.

Maria Falcone

Sulla sentenza interviene anche Maria Falcone, la sorella di Giovanni. «Premesso - dice - che tutte le sentenze vanno rispettate e che, soprattutto in casi così complessi, è fondamentale leggere le motivazioni, come sorella di Giovanni Falcone e come cittadina italiana, provo una forte amarezza perché ancora una volta ci è stata negata la verità piena su uno dei fatti più inquietanti della storia della Repubblica». Per la sorella del giudice ucciso a Capaci, «la prescrizione è sempre una sconfitta per la giustizia che, specie in processi tanto delicati, evidentemente non è riuscita ad agire con la celerità che avrebbe dovuto avere», aggiunge. «Dal dispositivo, che asserisce l’esistenza del depistaggio e la responsabilità di due dei tre imputati, emerge comunque - spiega Maria Falcone - la conferma dell’impianto della Procura di Caltanissetta che, con un lavoro coraggioso e scrupoloso, ha fatto luce su anni di trame e inquinamenti investigativi». Per Maria Falcone «questa sentenza arriva a una settimana dal trentesimo anniversario della strage di Via D’Amelio che ancora una volta vedrà i familiari di Paolo Borsellino, ai quali esprimo tutta la mia vicinanza, in attesa della verità».

Il presidente dell'Antimafia

Polemico Nicola Morra, presidente della Commissione Antimafia. «A quanto ammonta la credibilità di uno Stato che arriva dopo 30 anni precisi a una ennesima sentenza, che va rispettata, ma che rappresenta politicamente e razionalmente una barzelletta? Per me ammonta a poco», dice in un video su Facebook. I reati per due imputati sono prescritti, «significa che lo Stato è arrivato talmente tardi da non poter fare giustizia e quindi cala le brache», afferma. «Dopo 30 stiamo ancora celebrando processi sulla strage di via d’Amelio, perché fin a da subito vennero attuati depistaggi, una nostra invenzione che probabilmente non ha corrispondenti nelle lingue di altri paesi», aggiunge.

 

 

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