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Il prefetto di Palermo:  così la   legge Rognoni-La Torre ha determinato la lotta alla mafia

“Diffondere la conoscenza dell'azione di contrasto alle mafie rientra nel modo più autentico di fare memoria nel nome di Pio La Torre. In questi 40 anni il codice delle leggi antimafia che regola le misure di prevenzione ha cercato di cogliere tutti gli spazi che possono essere occupati dalla criminalità: grazie ai protocolli di legalità e alle “White list”, ad esempio, è stato possibile estendere la normativa antimafia anche a soggetti che inizialmente non erano inclusi”. Con queste parole il prefetto di Palermo, Giuseppe Forlani, ha aperto a Palazzo Chiaramonte Steri il convegno organizzato dal Centro Pio La Torre e dall'Università degli studi di Palermo sui “Quarant'anni di legislazione antimafia, dalla legge Rognoni-La Torre a oggi”. Dopo i saluti del rettore, Massimo Midiri, tanti gli interventi dei relatori nazionali e internazionali che hanno fatto un bilancio dell'azione antimafia: dal professore Vincenzo Militello, di Unipa, al docente Alberto Vannucci dell’Università di Pisa, da Antonio La Spina, dell’Università Luiss ‘Guido Carli’ di Roma a Federico Varese, University of Oxford, e Franco Garufi, vicepresidente del centro studi Pio La Torre che ha moderato l'incontro. Tra i videointerventi, quello del presidente, Vito Lo Monaco.

“Quando è stata approvata la legge Rognoni - La Torre il Paese è stato colpito al cuore, producendo una legislazione che non sembra scritta 40 anni fa – ha detto il presidente del tribunale di Palermo, Antonio Balsamo - L’auspicio è che come si è realizzata in quel periodo una grande sinergia tra governo, mondo giudiziario e società civile nel contrasto alle mafie, oggi, con una pandemia e un conflitto in corso, si possa fare lo stesso per realizzare il sogno di persone come Pio La Torre”.

“L'istituto di scienze criminali ‘Giovanni Falcone’ è nato in Brasile a San Paolo nel 1993, subito dopo le stragi, e da sempre sottolinea l’importanza del deputato Pio La Torre, uno dei martiri nel contrasto alla criminalità mafiosa – ha ricordato Walter Fanganiello Maierovitch, magistrato di San Paolo del Brasile - La convenzione delle Nazioni Unite di Palermo è stato un passo in avanti che ha mostrato agli stessi Stati aderenti il pericolo rappresentato da una criminalità organizzata capace di operare senza alcun limite di frontiera”.

“Le imprese sono il punto di maggiore interesse nelle confische, è qui che si gioca la partita delle infiltrazioni criminali - ha detto il professore Ernesto Savona, dell’Università cattolica del Sacro Cuore di Milano – avere informazioni sul loro livello di indebitamento aiuta a vincere le vulnerabilità della loro gestione. Si registra una carenza all’estero delle capacità investigative, penso ad esempio ad alcuni Paesi dell'Est. Il futuro della legislazione antimafia si gioca anche sull’adeguamento dei sistemi, sulla capacità di riuscire a produrre conoscenza e norme adeguate ai tempi, proprio come aveva fatto Pio La Torre”.

“L’impianto della Legge Rognoni La Torre rappresenta una sfida vinta per la lungimiranza con cui ha previsto interventi di tipo patrimoniale e amministrativo, da lì sono nate le interdittive antimafia e lo scioglimento dei consigli comunali – ha detto il giurista Costantino Visconti - oggi siamo a un punto forse di svolta, non vale la pena chiedere modifiche o aggiornamenti, la legislazione antimafia è completa, deve cambiare la nostra cultura e guardare un po’ oltre gli strumenti che abbiamo utilizzato”. La studiosa Theresa Reinold, dell'University of Duisburg-Essen, ha poi analizzato analogie e differenze con altri Paesi: “Il Guatemala sta conoscendo un'escalation di violenza come la Sicilia degli anni '80 ed è anche un'importante zona di transito: è stato calcolato infatti che il 90% della cocaina consumata negli Usa arriva proprio attraverso il Guatemala. Attualmente sono più di 50 le organizzazioni criminali operative di questo Paese, divise tra boss locali, ufficiali corrotti e collusi con le organizzazioni criminali. Nella legislazione antimafia la legge Rognoni -La Torre è stata la colonna portante, tuttavia il caso del Guatemala dimostra che senza la volontà politica, le risorse e la competenza adeguata, il crimine organizzato continua a prosperare. Quello che ho appreso durante la mia permanenza in Sicilia è che la lotta contro il crimine, perché sia efficace, va condotta a ogni livello: economico, politico, sociale e culturale”.

“Si pretende di avere una definizione astratta e unica del fenomeno mafioso, valida per tutto, ma la mafia nasce 100 anni prima la formulazione della legge Rognoni - La Torre, per cui mentre si svolgevano diverse battaglie che hanno visto contrapporsi sociologi e magistrati su cosa è mafia, questo fenomeno nel frattempo cambiava e diventava plurale – ha detto la sociologa Alessandra Dino - seguire la lezione di Pio La Torre vuol dire anche uscire da un ambito ristretto di legalità, guardare all’equità e alla giustizia sociale che si può perseguire anche attraverso i processi penali e ciò che viene affermato dalla legge”.

“C’è un sostanziale disinteresse dell’attuale classe politica – ha precisato l'avvocato Ettore Barcellona - di mafia non si parla quasi più e lo si fa in prossimità di tragiche ricorrenze. Abbiamo un sistema antimafia che è il più evoluto al mondo ma che ha diverse criticità, l’apparato repressivo da solo non basta. Guardiamo alle norme che prevedono benefici per le vittime di mafia, estorsione e usura: sono pensate per facilitare il reintegro delle vittime nel tessuto sociale ed economico e devono essere tempestive nei ristori, ma a fronte di grosse operazioni antimafia che hanno fatto luce su tante estorsioni, registriamo un’assenza di denunce. Le lungaggini burocratiche e l’eccessiva durata dei processi rappresentano un disincentivo preoccupante”.  È possibile rivedere la conferenza sul sito del centro studi Pio La Torre: www.piolatorre.it. Tra i partecipanti anche diversi studenti di alcuni istituti superiori di Palermo e provincia.

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