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Palermo, l'inchiesta sui conti del Comune: più vicino il dissesto finanziario

Palazzo delle Aquile, sede del Comune di Palermo

Al Comune di Palermo il clamore e lo sbandamento provocato dall'inchiesta sui bilanci rischia di compromettere il percorso avviato per il riequilibrio del bilancio. I tempi sono stretti e contingentati; bisogna fare riunioni, verifiche, verbali, tabelle e tirare difficili somme (sulla carta sono 73 i milioni strutturali che mancano all'appello) per raggiungere l'obiettivo dei conti in ordine ed evitare il default. Ma il terremoto giudiziario comporterà, come un riflesso condizionato, una ulteriore paralisi; il consiglio comunale si irrigidirà ulteriormente, qualcuno già comincia a dire che con tutta la catena di comando (contabile ma anche amministrativa) finita sotto la lente dei giudici sarà difficile approvare gli atti da essa provenienti. Ma così facendo si arriverà alla data di metà dicembre galoppando verso la dichiarazione di dissesto che, in assenza di un piano di riequilibrio, sarà automatica.

Quella della procura è una nuova tegola, forse la più pesante, che cade sulla testa di un'amministrazione in forte difficoltà. Un'inchiesta che scruta anche la prima parte della sindacatura, quando a tenere i cordoni della borsa era Luciano Abbonato, nominato nel 2012 e poi dimessosi a fine del 2016 perché indicato dall'Anci a magistrato componente della Corte dei Conti. Giovane, bocconiano, competente, apprezzato dal sindaco, fu lui a mettere benzina alle attività del primo cittadino. Ma i suoi movimenti all'interno degli uffici di via Roma non sempre furono felpati. Ben presto entrò in attrito col ragioniere generale, Paolo Basile, che fu sostituito con Carmela Agnello. Basile verrà ripescato successivamente, all'inizio del nuovo mandato. All'assessore, che il sindaco ha pubblicamente elogiato quando ha lasciato l'incarico, qualcuno muoveva critiche per il fatto che utilizzasse una sorta di finanza creativa. Prendiamo i crediti di dubbia esigibilità, si contestava che si operasse un accantonamento al fondo con un calcolo semplificato (cioè in percentuale), anziché quello ordinario (per intero). Due opzioni ammesse dalla legge, sia chiaro, ma che possono portare a esiti diversi. Nel 2016, ad esempio, doveva essere messo da parte almeno il 55% dell'ammontare dell'esazione a rischio, nel 2017 il 70%, nel 2018 l'85% e dal 2019 il 100%. Forse lo stato dei conti avrebbe suggerito di accantonare sin da subito l'intera somma dei crediti a rischio anziché solo una quota. Anche perché così facendo si recuperavano somme da spendere; ma se poi si dimostrerà che le entrate erano gonfiate a questo scopo significherebbe che l'amministrazione - che però aveva bisogno di risorse per andare avanti - consumava soldi che non aveva.

Clamorosa, ad esempio, è la previsione nel 2016 di 85 milioni di euro di contravvenzioni da incassare firmata dalla dirigente Lucietta Accordino: la Corte dei Conti accerterà che l'incassato è stato del 18,8 per cento. E infatti, l’assessore Antonino Gentile abbasserà di 20 milioni quella previsione. La beffa è che nel 2019, quando la legge ha imposto un accantonamento al 100% sui fondi rischio, il Consiglio comunale ha dovuto aderire alla rateazione ventennale per ripianare lo squilibrio nei fondi-rischio: 20 milioni all'anno per 20 anni.

Uno dei moventi per cui sarebbe stato messo in piedi questo ambaradan, secondo i magistrati, era evitare che il Comune fosse dichiarato strutturalmente deficitario. Siamo sempre nel 2016, l'anno successivo ci sarebbero state le nuove amministrative che avrebbero riportato il Professore alla guida dell'amministrazione. La deficitarietà avrebbe comportato il blocco della spesa, limitazioni sulle assunzioni, come poi è puntualmente avvenuto. Ragione per cui, secondo gli inquirenti, si è fatto di tutto per evitare che si attestasse il superamento dei 5 parametri su 10 previsti dalla legge. E si cita l'emendamento del consigliere Mimmo Russo, che sostituiva un allegato del rendiconto contenente una certificazione più favorevole sui debiti fuori bilancio, col parere positivo dell’allora ragioniere Carmela Agnello.

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