PALERMO. Un Partito Democratico sempre più diviso. I contrasti fra "orlandiani" e "renziani" si riversano anche sul campo delle amministrative a Palermo. La decisione della segreteria provinciale del Pd di sostenere la candidatura di Leoluca Orlando, rinunciando al simbolo e costruendo una lista unica con Ap ed ex Udc, è diventata terreno di scontro fra le due aree interne al partito.
A sollevare aspre critiche è stato ieri Andrea Orlando, ministro della Giustizia e candidato alla guida della segreteria nazionale (sfida a tre con Emiliano e Renzi). che ha parlato di "partito prostrato, che non sa svolgere il ruolo di partito politico sul territorio". Una rinuncia al simbolo che Orlando condanna in modo diretto: "Se vincerò il congresso, garantisco che almeno nei capoluoghi di provincia ci sarà in tutta Italia il simbolo Pd. Palermo è il segno di una crisi politica forte e chi non la vede non fa i conti con la realtà".
Non tarda ad arrivare la risposta del segretario provinciale del Pd a Palermo, Carmelo Miceli, che accusa il ministro Orlando di parlare senza "conoscere la realtà" locali. " Se avesse interloquito con i componenti della direzione provinciale di Palermo che lo sostengono e lo rappresentano nella campagna congressuale - prosegue Miceli - avrebbe scoperto che la scelta di rinunciare al simbolo è stata deliberata all'unanimità dalla direzione, preceduta da dibattiti e assemblee spontanee che hanno coinvolto migliaia di iscritti. E tutti hanno condiviso la necessità di trovare il modo per ricomporre un fronte largo di centrosinistra, alternativo al populismo grillino e al centrodestra".
Toni duri: "Andrea Orlando si astenga dal farsi marchette congressuali" e definisce quelle del ministro "critiche palesemente infondate e populiste come quelle del peggior Di Battista".
Si infervorano i renziani. Davide Faraone, sottosegretario alla Salute e renziano della prima ora, difende la scelta fatta a Palermo e parla di "un esempio di progetto civico che unisce il centrosinistra allargato, cancella le divisioni del passato e mette insieme tutti intorno all'idea di città che vogliamo sotto una guida forte e autorevole. Una scelta che rivendichiamo come modello politico moderno e innovativo, inclusivo e non divisivo". E annuncia che la stessa linea sarà replicata anche alle prossime regionali: "Un'alleanza a cui il Pd tutto ha detto di sì e che vogliamo esportare alle elezioni regionali di ottobre". dice il sottosegretario. "Palermo e la Sicilia possono essere un laboratorio per un nuovo 'campo largo' e il Pd si mette al servizio di questo progetto - aggiunge Faraone - Rinunciare al simbolo, non rinunciando alla propria identità".
Da Roma però i senatori vicini all'area di Orlando non ci stanno e sostengono che quello che sta avvenendo a Palermo "testimonia una deriva pericolosa, per cui ci si preoccupa più della gestione del potere che del profilo che dovrebbe avere un partito come il Pd, cardine di un centrosinistra allargato", asseriscono i parlamentari Camilla Fabbri, Valeria Cardinali, Rosaria Capacchione, Salvatore Tomaselli, Stefano Vaccari, Daniele Borioli.
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