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Prima i «maccarruna cu sucu» e per chiudere le chiacchiere

La festa è strettamente legata anche alla gastronomia. Si comincia con un classico che le nonne preparavano «nta maidda», poi i dolci tipici

Casteldaccia ha un’antica storia legata alla produzione dolciaria che vede oggi la presenza di molti e qualificati produttori locali e provinciali. I legami sono profondi e storici. In estate, per esempio, si espongono al sole i fichi per farli seccare per poi preparare i famosi buccellati oppure le bucce delle arance che vengono candite per la preparazione della cassata. La lunga storia del Carnevale è strettamente legata anche alla gastronomia. Se etimologicamente «carnevale» preannuncia la dieta ferrea quaresimale, ed era necessario fare il pieno di calorie, proteine e grassi, non ci stupiscono di certo le ricette. Ecco perché, i cibi rituali di questo periodo sono così ipercalorici. Ci sono dolci che si trovano solo in questo periodo, ma c’è anche altro. A Carnevale? Si deve peccare ed è anche questo il momento migliore per farlo. Poi iniziano le belle giornate e con esse la dieta. Come vuole la tradizione, insomma. Sono tanti i piatti e i dolci tipici della festa che si consumano ancora oggi secondo tradizione. La festa più colorata e burlona dell'anno prosegue sul piatto. Storia e ricordi, usanze e folclore s'intrecciano, e mentre le città si fanno belle con musiche e colori e aprono le porte ai visitatori, si festeggia anche a tavola il carnevale con i «maccarruna cu sucu» che le nonne preparavano «nta maidda» (vasca di legno). Pietanza questa, che la moderna gastronomia definirebbe un piatto unico: primo e secondo incluso, perché si tratta dei maccheroni al sugo di salsiccia e cotenne. È uno dei piatti simbolo con i maccheroni che venivano fatti in casa, lasciati a riposare, «a sciariari», tutta la notte, e poi cotti con ragù di salsiccia e in qualche caso con l’aggiunta di ricotta fresca. L'usanza di mangiare «maccarruna ca sasizza» per Carnevale veniva rispettata sia dalle famiglie ricche che da quelle povere.

Carnevale, quindi, non significa solo scherzi e divertimento ma anche il trionfo della gola e la possibilità di commettere qualche piccola, grande trasgressione gastronomica. Sono tanti i piatti e i dolci tipici della festa che si consumano ancora oggi secondo tradizione. Nel secolo scorso il fermento della festa investiva in pieno le famiglie che si organizzavano con molto anticipo, preparando costumi e balli, in attesa del grande evento e si scambiavano inviti. Il pezzo forte del Carnevale sono i dolci: esistono numerosissime ricette, molte delle quali legate alla tradizione locale, tutte golosissime e sfiziose ma a Carnevale ogni piatto vale. Regola numero uno: la golosità. Chiacchiere, crostoli, frappe, struffoli, castagnole, ravioli dolci, zeppole, bignè, cenci.. tanti nomi per dire dolcezza. Tutto rigorosamente fritto e golosissimo. Le chiacchiere sono il dolce di Carnevale per antonomasia, conosciute in tutta Italia ma con nomi diversi. Tra i dolci che si consumano durante questa festa ci sono anche i cannoli siciliani. Originari della zona di Palermo, venivano preparati durante il Carnevale sin dal periodo romano quando, con l'antico nome di frictilia, venivano fritti nel grasso di maiale. «Beddi cannuola di Carnivali… su biniditti spisi li dinari… ogni cannolu è scettru di Re…» Così un verseggiatore dell'800 inneggiava al mitico cannolo siciliano. Buon appetito!

 

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