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Dalle «carruzzate» ad oggi: rivivono le tradizioni popolari

Una grande festa che dal Dopoguerra accompagna la cittadina. Prima i balli in maschera nelle abitazioni private, poi le sfilate in centro

Carnevale è quel periodo di festa che segue l’Epifania e precede la Quaresima cristiana, caratterizzato da momenti di euforia, balli e mascherate di ogni genere e tipo, culminante nel giovedì grasso e nel successivo martedì grasso. La sua origine è molto lontana e spesso la si identifica come lascito dei famosi Saturnali (che cominciavano già nel mese di dicembre). La grande tradizione del Carnevale rivive anche quest’anno a Casteldaccia. «Certamente le usanze dei giorni dedicati al Carnevale - spiega Vito Di Domenico, presidente dell'Associazione Carnevale Casteldaccese - ci lasciano bene intendere che si tratta di attimi di liberazione in cui ogni uomo, discendendo ad uno stato svincolato da ogni regola e canone, ha l’opportunità di dare sfogo ai suoi istinti prima di rientrare nella sobria atmosfera penitenziale della quaresima. Tali riti culminano poi con il famoso atto finale del rogo di Carnevale, interpretato nelle diverse varianti locali in cui esso viene messo in scena: muore l’uomo vecchio e stanco, portando con sè le tristezze ed i mali, per dare spazio ad un essere, in tal senso, rinnovato».

«Erano gli anni - prosegue - in cui gli uomini ballavano con gli uomini e le donne con le donne, anche se il Carnevale era pure l’occasione in cui i giovani potevano avvicinarsi alle ragazze senza incorrere in calorose bastonate. Erano gli anni in cui molti giovani, per necessità economica o familiare durante quelle notti sceglievano la fuitina».
Già subito dopo la seconda guerra mondiale si organizzarono le prime sfilate di carri e gruppi in maschera (le «carruzzate»).

Gli anni ’50 vedono un interesse crescente per il Carnevale, di pari passo con la ricostruzione che caratterizza il dopoguerra (numerose sono le foto degli anni ’60 e ’70 sappiamo che prosegue la tradizione dei majaseni e delle carruzzate. Negli ultimi anni ’70 si interrompe la tradizionale sfilata dei carri per poi essere riproposta negli anni ’80 dalla cooperativa «La Riviera»: sono gli anni in cui il fervore carnevalesco torna ad essere alimentato sempre da alcuni membri della famiglia Clemente, dalle sceneggiate di Mastro Rosario Clemente e Nino Guttilla, dalle abbanniate che annunziavano i giorni culminanti della festa con la sfilata dei carri, ora elaborati anche da congegni meccanici.

È doveroso ricordare che per tanti anni la Cooperativa Teatrale Elvezio Petix propose nel periodo di Carnevale degli spettacoli di Cabaret presso l’ex Cinema Ergon. È curioso ricordare che il mercoledì delle ceneri, inizio della quaresima cristiana, per i casteldaccesi corrispondeva all’ultimo giorno di Carnevale in cui era possibile recarsi in campagna per scialare liberamente fra salsiccia e vino (fatto rintracciabile nell’antichissima tradizione in cui i contadini si permettevano l’ultima abbuffata prima della quaresima).

Gli anni ’90 sono caratterizzati dal progressivo sfaldamento della tradizione casteldaccese: cominciano a distinguersi i «majaseni» in cui ballano le famiglie, da quelli in cui si incontrano solo masse di giovani al suono di musica dance. Questi ultimi prevarranno sul passato ormai lontano e scandiranno un nuovo modo di fare Carnevale: poco liscio, molta confusione, assenza di comunità .

Nel 2016 nasce l’Associazione Carnevale Casteldaccese, che promuove oggi le sfilate.

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