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Cena della “Teranga” ai Giardini del Massimo di Palermo, raccolti 3.500 euro per la missione di Biagio Conte

I piatti frutto dell’incontro e della contaminazione della tradizione siciliana e senegalese con uno spiccato sapore mediterraneo

Il cibo come ponte e profondo scambio tra le culture di tutto il mondo. Una cena per ribadire ancora una volta il proprio secco «no» ad ogni forma di discriminazione e devolvere alla missione Speranza e carità di Biagio Conte l’intero ricavato. Immersi nel luogo simbolo dell’arte a Palermo, Gianvito Gaglio, chef executive dei Giardini del Massimo, il ristorante che ha ospitato l’evento, e Mareme Cissé, la chef senegalese del ristorante Ginger di Agrigento che nei giorni scorsi è stata vittima di un episodio di razzismo, hanno dato vita ieri sera (30 agosto) a un menù che racchiude la sintesi dell’interessantissimo incontro tra la cultura siciliana e palermitana e quella senegalese.

Sotto l’architettura neoclassica del teatro Massimo gli ospiti hanno assaggiato i piatti frutto dell’incontro e della contaminazione della tradizione sicula e senegalese con uno spiccato sapore mediterraneo, come la tartellettes di fichi, caprino erborinato di capra girgentana e miele della Valle dei Templi proposta da Cissé; o l’alalunga cruda avvolta in foglie di tenerumi e poi arachidi e zenzero.

Una esecuzione a quattro mani contro ogni episodio di intolleranza e che è stata battezzata “Cena della Teranga”: teranga, nella lingua dei Wolof del Senegal, definisce ciò che si offre all'ospite e che lui si sentirà impegnato a scambiare e a ricambiare, con un gesto di reciprocità.

«La cosa che più mi fa piacere - sottolinea Cissé - è che non sempre bisogna fare per ricevere in cambio qualcosa. Dobbiamo far vedere che bisogna anche saper dare senza aspettarsi nulla in cambio e sono contenta che questa sera si devolva in beneficenza il ricavato. Il cibo non è una barriera, anzi. Unisce le persone, le culture: quando assaggi qualcosa che non appartiene alla tua tradizione, subito dopo ti senti arricchito. Quel qualcosa è entrato a far parte di te - prosegue - in Sicilia ci sono tutte le culture. Se un marocchino va ad Agrigento si sente a casa sua, che un palermitano va in Tunisia si sente a casa sua. Così in Senegal. E il cibo è collegato a tutto questo».

Mareme è in Sicilia da vent’anni e con i piatti che propone racconta tutto questo: «Questa per me è l’integrazione totale - dice - ho proposto i miei piatti e ho imparato quelli italiani e siciliani. Conosco le storie, le ho raccontate. Far parte di una comunità significa per me questo: condivisione, scambio e rispetto reciproco, per costruire insieme cose nuove e di valore».

«Il cibo rappresenta un ponte tra noi e l’altro - aggiunge Gianvito Gaglio - la condivisione rende le persone membri della stessa comunità, parti di una stessa cultura. Io stesso ho imparato tantissimo: mescolare i nostri piatti con la tradizione senegalese è stata un’esperienza travolgente e ho dovuto studiare tantissimo, scoprendo anche nuovi lati di Palermo». Gaglio, infatti, è andato in giro per i locali e i luoghi della comunità senegalese nel capoluogo, assaggiando, scoprendo le ricette e scoprendo dove poter acquistare i prodotti della loro tradizione: «È stato un vero e proprio viaggio e la meta è bellissima: abbiamo creato piatti unici, tra tutti degli gnocchi con un brodo alla senegalese. Semplicemente squisito».

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