In dieci anni l’Italia ha perso quasi 400 mila artigiani: dai 1,77 milioni del 2014 si è scesi a 1,37 milioni nel 2024, con un calo del 22,4%. Un crollo che l’Ufficio studi della Cgia di Mestre definisce «verticale», segno di un settore che rischia di non reggere più il peso della concorrenza, della burocrazia e del mancato ricambio generazionale. Se a livello nazionale il quadro è allarmante, la Sicilia mostra una maggiore resistenza. In dieci anni l’Isola ha perso 15.588 artigiani (da 88.867 nel 2014 a 73.279 nel 2024), pari a un calo del 17,5%, più contenuto della media italiana e molto inferiore rispetto ad alcune regioni del Centro-Nord come Marche (-28,1%), Umbria (-26,9%) ed Emilia-Romagna (-25,2). Nell’ultimo anno, tra il 2023 e il 2024, la Sicilia ha registrato una contrazione di 2.454 imprese artigiane (-3,2%), meno pesante del dato nazionale (-5%). Tra le province, le performance migliori si riscontrano a Ragusa e Crotone, entrambe con un calo del 2,7%, i più bassi d’Italia. Nel dettaglio siciliano, Siracusa (-2,9%), Agrigento (-2,8%) ed Enna (-3,0%) rientrano tra i territori che hanno perso meno. Più marcati invece i cali a Catania (-3,5%), Palermo (-3,4%) e Trapani (-3,4%). Secondo l’analisi, a frenare la caduta al Sud sono stati gli investimenti legati al Pnrr e al Superbonus 110%, che hanno sostenuto il comparto delle costruzioni. Ma le difficoltà restano. L’invecchiamento della popolazione artigiana, la scarsa attrattiva dei mestieri manuali tra i giovani e la concorrenza del commercio online minano il futuro del settore. Oggi in Italia ci sono più avvocati che idraulici: 233 mila contro 165 mila. Un paradosso che fotografa il declino culturale del lavoro artigiano. In Sicilia, come altrove, già oggi trovare un idraulico, un fabbro o un elettricista può essere complicato, e il rischio è che nei prossimi dieci anni diventi un’impresa quasi impossibile. Il governo sta lavorando a una riforma della legge quadro del 1985 sull’artigianato. Tra le novità: più flessibilità per i consorzi, un fondo da 100 milioni per l’accesso al credito e l’innalzamento del tetto occupazionale a 49 dipendenti. Ma senza un serio investimento sulla formazione e sugli istituti professionali, avverte la Cgia, il rischio è che nei borghi e nei centri storici siciliani si spengano sempre più botteghe, compromettendo identità, tradizione ed economia locale.
Sicilia, i dati provincia per provincia
La Sicilia, pur avendo perso complessivamente 15.588 artigiani negli ultimi dieci anni (-17,5%), ha registrato un calo meno pesante della media nazionale (-22,4%). Nell’ultimo anno (2023-2024) la flessione è stata del -3,2% pari a 2.454 imprese in meno.
- Ragusa: da 6.188 a 6.024 → -164 (-2,7%)
- Siracusa: da 5.910 a 5.737 → -173 (-2,9%)
- Agrigento: da 6.440 a 6.258 → -182 (-2,8%)
- Enna: da 3.009 a 2.920 → -89 (-3,0%)
- Messina: da 11.316 a 10.963 → -353 (-3,1%)
- Trapani: da 7.304 a 7.054 → -250 (-3,4%)
- Palermo: da 15.082 a 14.567 → -515 (-3,4%)
- Catania: da 17.015 a 16.427 → -588 (-3,5%)
Le province che resistono meglio
- Ragusa (-2,7%) è tra le province italiane che hanno contenuto meglio la perdita di artigiani, insieme a Crotone (Calabria).
- Siracusa e Agrigento si attestano poco sotto il -3%.
Le province più in difficoltà
- Catania (-3,5%), Palermo e Trapani (-3,4%) registrano i cali più marcati in Sicilia nell’ultimo anno.