Nell’attuale dibattito pubblico ci si interroga frequentemente sugli effetti della digitalizzazione e sulla sua attitudine a contribuire alla trasformazione in senso ecologico del modello di sviluppo economico.
Un concetto frequentemente impiegato è quello di «doppia transizione», che abbina i due grandi processi di cambiamento del nostro tempo: la trasformazione verde e quella digitale. A livello normativo, il primo documento nel quale si discorre di doppia transizione è la Comunicazione della Commissione europea dell’11 dicembre 2019, intitolata «Il Green Deal europeo».
Gli obiettivi dell’adattamento dell’Unione europea alle principali rivoluzioni contemporanee, quella ambientale e quella tecnologica, fino a quel momento tenuti separati, vengono collegati nell’unica sfida di una transizione gemella, la cosiddetta twin transition.
L’European Green Deal – parte del processo di attuazione degli Accordi di Parigi sui cambiamenti climatici e dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile – rappresenta una strategia profondamente trasformativa dell’economia e della società europee, che propone un’inedita sinergia tra innovazione digitale e protezione ambientale. Questa visione mira a trasformare l’UE in un sistema economico a impatto climatico zero entro il 2050, tramite un modello circolare in grado di scindere la crescita economica dall’uso intensivo delle risorse naturali.
La connessione tra digitalizzazione e transizione verde non è, in effetti, scontata e solleva questioni complesse. Se, da un lato, le tecnologie digitali offrono strumenti essenziali per la riduzione dell’inquinamento e il miglioramento dell’efficienza energetica, dall’altro hanno un impatto ambientale negativo, incrementando il livello dei consumi, esigendo preziose risorse naturali per funzionare e generando elevate quantità di rifiuti. È, allora, una questione ancora aperta comprendere se le trasformazioni ecologica e digitale siano due processi interdipendenti oppure in conflitto tra loro.
Nella sfida del Green Deal, l’architettura normativa della digitalizzazione è cruciale per accompagnare la quarta rivoluzione industriale verso il raggiungimento della neutralità climatica. Soltanto la regolazione giuridica, quale espressione del primato della politica, può evitare che le tecnologie digitali producano effetti dirompenti sull’attuale organizzazione economica e sociale, influendo negativamente non soltanto sulla sostenibilità dei processi di produzione e di consumo, ma anche sulla coesione sociale, sulle disparità di sviluppo territoriale, sulla fisionomia del mercato del lavoro.
Il complesso processo regolatorio promosso dalla doppia transizione risulta difficilmente inquadrabile nel tradizionale assetto delle fonti del diritto, in quanto destinato ad attuarsi non soltanto mediante strumenti legislativi, come la «Normativa europea sul clima», ma anche tramite atti privi di portata vincolante, come comunicazioni, raccomandazioni, documenti di policy, strumenti di coordinamento delle politiche di bilancio, piani di investimenti, strategie settoriali.
Nell’attuale fase storica, investita da gravi crisi globali, l’European Green deal, grazie ai Piani nazionali di ripresa e resilienza collegati ai fondi NextGenerationUE, individua nella doppia transizione il concetto guida delle politiche europee, dall’energia alle politiche industriali, dalla mobilità all’edilizia fino alle politiche agricole. In questo scenario, la tutela dell’ambiente non costituisce più un limite alla crescita economica, ma è riformulata come fattore essenziale di un nuovo paradigma di sviluppo, reso possibile dalla rivoluzione digitale.
Pertanto, crescita economica e tutela ambientale, interessi tradizionalmente in conflitto nel modello di economia lineare, sono riconciliati dalla twin transition nel passaggio a un modello di economia circolare, dove la sostenibilità diventa leva di uno sviluppo produttivo climaticamente neutrale dissociato dallo sfruttamento delle risorse naturali.
Disegnando un ordine giuridico delle tecnologie digitali che le orienta alla trasformazione verde, si delinea un nuovo modello economico per il XXI secolo, con un’espansione di programmi e controlli di natura giuridica sui comportamenti economici, che restituisce un ruolo centrale all’intervento statale. I pubblici poteri sono chiamati ad assegnare all’iniziativa economica privata le finalità da raggiungere, tramite una serie di misure di pianificazione non autoritativa, limitazione, incentivazione: una programmazione diversa da quella degli anni Sessanta, destinata a conformare al rispetto del principio di sostenibilità il funzionamento del mercato e dell’attività di impresa.
In conclusione, tramontata la tendenza ad affidare alle forze del mercato la regolamentazione delle tecnologie digitali, l’European Green Deal apre una stagione nuova, nella quale il diritto riacquista la propria funzione di promozione, indirizzo e controllo della vita economica, a garanzia del rispetto dei principi fondamentali dell’ordinamento.
* Professore Ordinario di diritto privato e Direttore del Dipartimento di Giurisprudenza, Economia e Comunicazione, Università LUMSA
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