Alla fine i giudici amministrativi «salvano» il regolamento antievasione del Comune di Palermo. La terza sezione del Tar, infatti, ha respinto la domanda cautelare di un'azienda che aveva contestato l'applicazione della sanzione accessoria (oltre quelle economiche per morosità e interessi) che consisteva nella chiusura per 90 giorni della struttura alberghiera in centro storico.
Il proprietario aveva ritenuto il provvedimento illegittimo e sproporzionato, sollevando diversi profili di illegittimità tra i quali la lesione del diritto alla libera iniziativa economica tutelato all’articolo 41 della Costituzione, l’ingente danno economico e di immagine causato alla struttura alberghiera, che ha dovuto cancellare diverse prenotazioni. E, in un primo momento, il tribunale aveva sospeso il provvedimento in attesa di potere esaminare nel merito la questione e anche perché a difendere le ragioni dell'amministrazione non c'era nessuno: a causa della cronica difficoltà dell'avvocatura di seguire tutte le cause, non c'era stata la costituzione in giudizio. Ma l'avvocato Vincenzo Criscuoli aveva assicurato che la controversia al secondo round sarebbe stata seguita bene (con l’avvocato Laura Piscitello) per fare emergere le ragioni del Comune. E così è stato.
L'ordinanza di ieri (Raffaella Sara Russo presidente, Bartolo Salone e Mario Bonfiglio referendari) non lascia spazio a equivoci. Di fatto legittima quanto fatto dall'amministrazione.
Il Suap nei confronti della Serenissima srl che non aveva pagato un tributo per 700 mila euro (la Tari aveva detto il Comune, l'azienda precisa, come si legge nella nota in basso, che si tratta di Imu), aveva disposto la chiusura dell'hotel. I legali di parte avevano posto dubbi anche sulla legittimità del regolamento che prevede perfino il ritiro della licenza in caso di ostinata volontà a non pagare.
La grande preoccupazione che serpeggiava era che potesse naufragare il regolamento e non potesse applicarsi proprio mentre il Comune ha in ballo accertamenti milionari in corso che possono tradursi in incassi sotto lo spauracchio del ritiro delle licenze. Si legge nell’ordinanza, tra le ragioni che hanno portato a dare ragione a Palazzo delle Aquile, «non risulta sussistente alcuna sproporzione tra il debito tributario che grava sulla società ricorrente e la sanzione che il Comune ha previsto (chiusura per tre mesi, ndr) ed irrogato, anche avuto riguardo alla consistenza del debito contestato di oltre 668.000 euro».
Non solo, ma secondo i giudici «la circostanza che il detto debito tributario attenga a cespiti aziendali diversi da quelli destinati all’attività di cui è stata disposta la sospensione non ha alcun rilievo, posto che la sanzione trova applicazione in presenza di un’irregolarità tributaria riferibile al contribuente, non richiedendo - né la normativa nazionale, né il regolamento comunale - una connessione tra il presupposto dell’obbligazione tributaria rimasta inadempiuta e l’attività economica di cui si dispone la sospensione». L'azienda è stata anche condannata al pagamento delle spese.
La replica dell'azienda
L’azienda, attraverso lo studio legale Legalit, in una nota precisa quanto segue:
In primo luogo, si segnala come la società nostra assistita non abbia nessun debito TARI nei confronti del Comune di Palermo. Risultando assolutamente in regola con un simile tributo. Ed infatti, l’unico debito tributario in capo alla società scaturisce dall’Imu e risulta non superiore a 558.651,32 euro, tenuto conto che la nostra cliente, da settembre 2023 ad oggi, ha eseguito versamenti a tale titolo per oltre 105.541,32 euro.
Inoltre, la notizia omette di considerare come la società nostra assistita abbia estinto ogni debito tributario insorto nei confronti del Comune di Palermo successivamente all’entrata in vigore del c.d. Regolamento Antievasione, che introduce la sanzione della sospensione o revoca delle licenze in ipotesi di mancato pagamento dei debiti tributari. Una volta estinto un simile debito, la nostra Cliente ha altresì formulato istanza di riesame al Comune di Palermo, invitandolo a revocare la sanzione adottata. L’amministrazione de qua, nonostante simili pagamenti, ha confermato la sanzione disposta con un provvedimento che è stato impugnato con ricorso per motivi aggiunti, sul quale il T.A.R. si pronuncerà il prossimo 11 settembre.
Più in generale, si segnala come, allo stato, il Comune di Palermo serbi nei confronti del contribuente un atteggiamento ben più ostile di quello delI’Agenzia delle Entrate Riscossione.
Ed infatti, qualora il debito tributario in questione fosse stato affidato al concessionario per la riscossione, la nostra assistita avrebbe senz’altro potuto ottenere una rateazione del debito che il comune si ostina a non voler concedere.
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