Due miliardi fermi nelle casse della Regione Siciliana, l'ira di Schifani sui dirigenti: «Sbloccateli o vi rimuovo»
Nelle casse della Regione restano bloccati circa 2 miliardi. Fondi che gli assessorati avrebbero dovuto pagare a imprese, dipendenti e altre categorie entro il 31 dicembre scorso e che adesso sono impigliati in procedure contabili complesse. Al punto che il presidente della Regione Renato Schifani ha inviato ieri un ultimatum ai dirigenti generali minacciando di revocare loro l’incarico nel caso in cui non riescano a recuperare i ritardi in tempi brevi. Schifani ha dato una settimana di tempo, in particolare ai vertici dei dipartimenti Energia, Territorio e Ambiente e Infrastrutture. Se entro il 3 maggio non verrà completato il cosiddetto riaccertamento dei residui attivi «tale grave inadempienza potrà a vere come conseguenza la decadenza dall’incarico dirigenziale». L’ira del presidente nasce da una protesta che una imprenditrice gli ha rivolto nei giorni scorsi per il mancato pagamento di un credito vecchio di parecchi mesi. La situazione di questa imprenditrice, che ha scritto formalmente a Palazzo d’Orleans, è simile a quella di tante aziende che attendono il pagamento di lavori e forniture almeno dalla fine dell’anno scorso. Ciò che è successo - spiegano dall’assessorato all’Economia - è frutto di regole contabili molto complesse. In pratica, le obbligazioni assunte ogni anno dalla Regione vanno saldate entro il 31 dicembre. Quando ciò non avviene, per poter pagare, bisogna fare nei primi mesi dell’anno successivo il cosiddetto riaccertamento. Cioè la verifica della sussistenza del debito, dei fondi necessari a onorarlo e di altri dettagli. E questo è quello che non è avvenuto tempestivamente. In particolare nei tre dipartimenti citati nella nota di Schifani ma più in generale in quasi tutti gli assessorati. Al punto che la nota inviata dal presidente ai dirigenti precisa che Palazzo d’Orleans aveva dettato già il 23 novembre le linee guida per chiudere questa certificazione rapidamente. Una seconda direttiva, il 26 marzo, indicava il termine del 3 aprile per provvedere. Ma Schifani scrive nella nota che «permangono rilevanti irregolarità nelle risultanze contabili gestionali». E aggiunge, il presidente, che «ciò arreca nocumento all’amministrazione in termini di blocco della spesa». A Schifani non sfugge che ciò che resta nei cassetti sono per lo più i pagamenti alle imprese. E non a caso l’anno scorso le associazioni di categoria protestarono per ritardi che si prolungarono fino all’estate. Nel pieno di una difficile campagna elettorale Palazzo d’Orleans ha quindi giocato d’anticipo dando un ultimatum agli assessorati per chiudere la partita dei pagamenti entro maggio. Prima che aprano le urne. Nei cassetti restano però anche pagamenti ad altre categorie: in primis i premi di rendimento ai regionali (il cosiddetto Ford) e poi finanziamenti di molteplici finalità. Per un totale, stimato ieri dall’Economia, di almeno un miliardo e ottocento milioni, probabilmente qualcosa in più. L’irritazione di Schifani nasce anche dal fatto che i ritardi degli anni scorsi nel riaccertamento e dunque nel pagamento delle imprese erano dovuti per lo più al prolungato esercizio provvisorio. Ma quest’anno - è l’obiezione del presidente - la Finanziaria è stata approvata a metà gennaio, dunque si poteva e doveva chiudere in fretta anche i conti del 2023. Nei dipartimenti colpiti dalla «scomunica» presidenziale ieri le bocche sono rimaste cucite. Anche se filtra che buona parte delle pratiche potrebbe essere completata davvero entro il 3 maggio in modo da liberare i primi pagamenti nei giorni successivi. Almeno 900 milioni potrebbero essere sbloccati quindi entro la prima settimana di maggio e il resto - è sempre il calcolo fatto ieri dagli uffici - entro la fine del mese.