La realizzazione e il significativo miglioramento di software mediante la creazione di nuovi o più efficienti algoritmi basati su nuove tecniche dà diritto al credito d’imposta «Ricerca e sviluppo». Ad affermarlo è la corte di giustizia tributaria di Palermo, che ha accolto il ricorso di una società palermitana a cui l’Agenzia delle Entrate ha contestato l’inesistenza del credito chiedendo la restituzione di 155 mila euro, una somma lievitata a oltre 310 mila euro con l’imposizione degli interessi e delle sanzioni del 100 per cento.
Alla società, difesa dagli avvocati tributaristi Alessandro Dagnino e Nino Calcò, dello studio Lexia, i giudici hanno riconosciuto l’esistenza del credito su due dei tre progetti di Ricerca e Sviluppo oggetto della contestazione. Annullate pertanto le pretese per 270 mila euro.
Con un atto di recupero del 2023, l’Agenzia delle Entrate aveva contestato alla società la realizzazione di crediti di imposta per tre attività tese allo sviluppo di prodotti e processi innovativi compiuti nel 2017. La società di consulenza aveva sviluppato in particolare tre programmi informatici. Per l’Agenzia delle Entrate le tre iniziative sarebbero state escluse dall’agevolazione fiscale in quanto avrebbero portato delle innovazioni solo di processo nell’attività di impresa.
Accogliendo le tesi della difesa della società, il collegio, composto dai giudici Tommaso Brancato (presidente) Santo Ippolito (relatore) e Gabriella Natale (componente), non ha condiviso questa tesi riconoscendo che l’impresa ha proposto, invece, «l’introduzione e l’applicazione, di numerose tecnologie e immobilizzazioni tecniche d’avanguardia, non diffuse e disponibili anche nel settore di riferimento».
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