Ci sono diciassette veterinari dell’Istituto zooprofilattico sperimentale di Palermo da oltre dieci anni assunti con contratti, udite udite, da 6 o 7 ore alla settimana , chiamati «specialisti ambulatoriali». Lavorare mediamente un’ora al giorno è roba da nulla, sia dal punto di vista dell’impegno che di quello economico. La pattuglia fa parte dell’insieme di professionisti che in tutta Italia hanno svolto nelle Asp prestazioni con contratti di convenzionamento e pagati a partita Iva. Oltre undici anni fa è scattata l’assunzione. In Sicilia qualcosa è stato fatto col passaggio nei ranghi a tempo indeterminato che ha portato a contratti decenti di 30 ore settimanali nelle Asp. Allo Zooprofilattico, invece, tutto è rimasto congelato al 2012. Aspetta e spera. E infatti non è accaduto nulla. La giustificazione per questa mancanza è sempre la stessa, limiti di spesa imposti dalle norme nazionali e mancanza di risorse economiche. E dire, però, che di medici veterinari c’è bisogno come l’acqua e l’istituto ha bandito concorsi, negli anni, per le figure più svariate, tranne che per i medici. Quelli che servono specialmente in una struttura delicata e di grande importanza a tutela della salute come l’Istituto (lo zooprofilattico è in prima linea nella tutela del benessere dei cittadini attraverso la sorveglianza delle malattie degli animali, dello stato di salute negli allevamenti e in generale su tutto ciò che riguarda la sanità pubblica veterinaria). Nemmeno la Regione, pare, abbia risposto alle numerose richieste di aiuto in questa direzione. I presidenti degli ordini siciliani hanno recentemente sollevato il problema. Chiedendo all’unanimità «un intervento volto a salvaguardare la professionalità dei veterinari che operano allo Zooprofilattico, rendendosi disponibili a rappresentare questa istanza anche davanti all’amministrazione regionale». Una delle strade suggerite dagli ordini è quella di «prevedere procedure concorsuali – con riserve specifiche per i veterinari ambulatoriali che da anni lavorano nei vari enti - che valutino l’esperienza e l’anzianità del servizio». Anche i vertici dell’Istituto di via Marinuzzi, che ovviamente si trovano a gestire una situazione ereditata dalle precedenti amministrazioni, esprimono parole di apprezzamento ai 17 professionisti «per l’apporto che danno allo svolgimento delle attività dell’ente, anche e soprattutto in relazione al raggiungimento dei Lea (livelli essenziali di assistenza), finalità per la quale l’allora governance ne decise la stabilizzazione, seppure con un monte orario limitato in considerazione delle ridotte risorse economiche disponibili», si legge in una nota a firma del direttore amministrativo Gabriele Ciaccio. Il quale, sulla condizione di estrema precarietà dei 17 veterinari (mediamente guadagnano col contatto che hanno qualcosa come 450-500 euro al mese), fornisce questa spiegazione: «C’è una mancanza di risorse economiche per integrare le ore (circa 900.000 euro annui). Poi, c’è lo scoglio del limite di spesa (qualora fossero state reperite le risorse, ndr) posto dal legislatore nazionale sui costi del personale della cui abolizione nel settore sanitario si fa un gran parlare». Insomma, la governance dell’istituto avrebbe le mani legate visto che la legislazione al momento «consente di soddisfare, in linea di massima, solo il turn over per fuoriuscite per pensionamenti, dimissioni, mobilità, e rendendo, di fatto, impossibile nuove assunzioni». Ciaccio, comunque, conferma l’intenzione di volere «trattenere questi professionisti, sulla cui formazione e crescita questo Istituto ha anche investito risorse». Si potrebbero reperire finanziamenti aggiuntivi che integrino il budget dell’Istituto e possibilmente con una norma di accompagnamento per la loro «sterilizzazione», cioè non calcolare le somme calcolare ai fini del limite di spesa del personale.