Al bando della Regione, che in sintesi chiedeva di sapere quanti fossero interessati alla stabilizzazione, c’è perfino chi ha risposto in modo opposto: precisando di voler mantenere il sistema del sussidio. Prima anomalia di un percorso che doveva portare i Pip verso il posto fisso e che invece rischia di fermarsi se non al primo metro poco più avanti. Ad agosto l’Ars, nell’ultima legge della scorsa legislatura, ha approvato una norma proposta dal governo Musumeci che consentiva ai 2.475 precari storici di Palermo di essere assunti a tempo indeterminato dalle società partecipate. La norma prevedeva che la Regione facesse una ricognizione delle persone da trasferire e poi delle società in grado di assumere. È in base a questo piano che l’assessorato regionale al Lavoro nei giorni scorsi ha chiesto ai 2.475 Pip che oggi lavorano dietro il pagamento di 832 euro al mese in scuole, assessorati e ospedali, di manifestare l’interesse al trasferimento in una partecipata. Il risultato è stato a suo modo stupefacente: hanno chiesto il posto fisso in 2.358. Gli altri 117 hanno scelto di restare più o meno nella condizione in cui si trova chi percepisce il reddito di cittadinanza. Individuati gli interessati a transitare nelle partecipate - spiegano all’assessorato al Lavoro - l’elenco è stato trasferito al Bilancio. E qui sono iniziati gli intoppi: gli uffici dell’assessorato guidato da Marco Falcone hanno chiesto ai colleghi di formulare graduatorie sulla base delle qualifiche in modo da poter smistare questo personale nelle varie partecipate. E la risposta è stata che ciò è impossibile: «Questi precari non hanno mai fatto aggiornamenti professionali e hanno competenze di base che rispecchiano il loro impiego attuale», è stata la risposta. Comunicata anche ai sindacati qualche giorno fa. Per di più la sonora bocciatura da parte della Corte dei Conti del rendiconto del 2020, qualche giorno fa, ha portato con sé qualche dubbio sulla possibilità che le partecipate possano assumere nuovo personale: per i giudici contabili sono già sommerse dai debiti e la loro situazione è definita grave. «Emerge un controllo non accurato della Regione sulle sue società partecipate, a fronte di perdite di esercizio importanti e consistenti» ha scritto la Corte. Aggiungendo di attendersi dalla Regione misure che vanno in direzione opposta a quello dell’aumento della spesa delle partecipate: «Per le società che registrano costanti perdite occorre comprendere quali iniziative la Regione abbia intrapreso al fine di migliorare l’efficienza della gestione delle risorse pubbliche». E per avere una idea della situazione i giudici contabili aggiungono una dato che riguarda gli accantonamenti necessari a coprire le perdite delle partecipate: «Il fondo perdite delle partecipate è stato quantificato dalla Regione in 13.405.249 euro tuttavia le sezioni Riunite sono pervenute a un importo differente, pari a 21.176.255 euro».