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Coronavirus, smart working negli uffici pubblici ma non tra tutti i privati: protesta da Almaviva

Smart working, lavoro agile, da casa, è quello che molti enti pubblici, uffici e aziende hanno messo in atto per evitare la diffusione del coronavirus, in particolare dopo l'ultimo decreto della Presidenza del Consiglio che ha rafforzato le misure restrittive.

Se pubbliche amministrazioni, come Inps, Comuni e Regione Siciliana hanno optato per il lavoro da casa (almeno per gli uffici in cui è possibile), nel privato la situazione non è omogenea. Cresce così il fronte della protesta in quelle aziende in cui i lavoratori continuano ad andare sul luogo di lavoro. Tra questi i 2800 operatori di Almaviva Palermo, che temono il contagio e si ritengono una «bomba sanitaria a orologeria». Per questo continuano a chiedere lo smart working, valutando il piano straordinario varato dall’azienda troppo debole. Non dipende tutto da Almaviva, che ha comunque avviato una ricognizione tra gli operatori, ma anche dai committenti. «Non siamo lavoratori di serie B, nè carne da macello, altri addetti dei gruppi del settore hanno ottenuto il lavoro a casa», ripetono le varie voci.

Ieri si è tenuto un incontro tra le Rsu e l’azienda che intanto ha comunicato che la commessa Regione Toscana proseguirà in regime di proroga fino al 31 marzo. E da oggi al terzo piano del palazzo di via Cordova, che si affaccia su via Libertà, nel centro città, saranno garantite, come stabilito, le 'sedute a scacchiera', quindi tutto il centro rispetterà le postazioni alternate. Ha anche comunicato che si stanno intensificando le pulizie e la sanificazione.

Dopo le lamentele dei dipendenti circa una insufficiente igienizzazione, è stata chiesta una maggiore frequenza degli interventi e una puntuale verifica da parte dell’azienda che ha, peraltro, rappresentato una difficoltà a reperire guanti e mascherine: queste sono ancora introvabili, i dispenser di igienizzante vengono riforniti.

I committenti, ribadiscono le segreterie nazionali di Slc Cgil, Fistel Cisl, Uilcom Uil, «devono rivedere i livelli di servizio degli outsourcer e sbloccare anche per loro lo smart working ed il telelavoro. Se dovessimo ricevere segnalazioni circa rigidità della committenza a ridurre la forza lavoro reagiremo duramente con i mezzi sindacali a nostra disposizione».

Monta intanto il malessere nel popolo delle cuffie che ha fatto partire anche un tam tam social: «Italia zona rossa #Iorestoacasa. Ma lavoro per #Almaviva e questa regola per me non vale. Chiediamo ai vari committenti (tim Wind sky Trenitalia Alitalia) lo #smartworking Adesso. Tremila operatori non possono usare la mascherina per questo lavoro. Abbiamo figli, genitori anziani con sofferenze da tutelare. La nostra vita è più importante di un lavoro che non ci tutela». Sul loro gruppo Facebook - la cui copertina è eloquente: una porta chiusa e la scritta «Lascia il virus fuori dalla porta, resta a casa» - i lavoratori sottolineano come il sindaco di Rende, in Calabria, abbia fatto chiudere tutti i call center: «Cosa aspettano a fare lo stesso i primi cittadini di Palermo e Catania?», chiedono. «Siamo una bomba a orologeria - affermano - appena si saprà del primo caso... sarà già troppo tardi». «Siamo tanti, ognuno torna a casa, ha i propri contatti, può diffondersi in modo esponenziale, proprio ciò che viene chiesto di evitare». E «i sacrifici di tanti possono vanificarsi».

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