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Coronavirus, il decreto blocca la ristorazione: l'appello dello chef Natale Giunta

«Impossibile servire ai tavoli restando ad un metro di distanza. Ci aiuti a chiarire il decreto ministeriale dell’8 marzo 2020 o ci indichi le misure a sostegno». È questo l'appello dello chef Natale Giunta, titolare a Palermo e a Roma di attività di ristorazione e catering, al presidente della Regione siciliana, Nello Musumeci, per aiutare le imprese del settore che di fatto non possono più lavorare in seguito all'emanazione del dpcm sul coronavirus.

Il provvedimento del governo nazionale, infatti, pur non imponendo la chiusura di ristoranti e bar, rende però impossibile lo svolgimento del servizio, obbligando a tenere una distanza interpersonale di un metro.

«Come fa un cameriere a servire al tavolo, rispettando la distanza di un metro?» si chiede lo chef Natale Giunta, invocando attraverso l’intercessione del Presidente della Regione siciliana, Nello Musumeci, maggiore chiarezza e aiuti economici per far fronte alla grave perdita in atto. L'articolo 2 alla lettera “e” del decreto ministeriale dell’8 marzo 2020 recita: «Svolgimento delle attività di ristorazione e bar, con obbligo, a carico del gestore, di far rispettare la distanza di sicurezza interpersonale di almeno un metro, con sanzione della sospensione dell'attività in caso di violazione».

«Ci chiediamo – scrive Giunta nella lettera inviata al presidente Musumeci - come possiamo assicurare, per di più sotto la nostra responsabilità, il rispetto della distanza di sicurezza interpersonale? Date le sanzioni, l’unica soluzione sembrerebbe sospendere le attività che già, ad oggi, hanno avuto un calo di oltre il 90% dall’inizio dell’emergenza, e non riusciamo più a sostenere i costi di gestione, soprattutto del personale impiegato».

Rispetto ad una norma rende impraticabile le attività che danno da vivere allo chef Natale Giunta, ai suoi impiegati e ad altre migliaia di operatori solo in Sicilia, l’appello al presidente della Regione è di: «aiutarci a porre rimedio, a questa impasse, anche soltanto sollecitando un chiarimento della contraddizione contenuta nella norma che non vieta di stare aperti ma impedisce di lavorare. E se l’unica soluzione fosse chiudere, ci indichi quali misure sono a disposizione del settore per tutelare gli interessi dei dipendenti e delle aziende se di queste, ahinoi, resterà qualcosa alla fine di questa calamità nazionale».

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