Occhi puntati sul ministero del Lavoro dove oggi torna il caso Almaviva. Preoccupa il nodo commesse a cui è legato a doppio filo la sostenibilità del call center di Palermo con i suoi 2.800 dipendenti. Sul loro futuro si è abbattuto a metà dicembre l’annuncio da parte di Sky della riduzione del 36 per cento della commessa nel primo trimestre 2020 che comporterebbe un pesante esubero: circa il 60% delle 250 risorse impegnate. Una flessione di traffico che renderebbe insufficiente l’ammortizzatore sociale anche nella misura massima programmabile.
Questo mentre si registrava un «atteggiamento positivo» di Tim, ma il percorso è ancora da definire e la trattativa è ancora aperta. Con Wind la situazione è completamente diversa ed è legata a soluzioni nuove - alcune delle quali non sono nella disponibilità delle parti, per esempio l’introduzione della possibilità di far pagare alcuni servizi ai consumatori e incentivi fiscali al rientro dei volumi in Italia - che consentano il reshoring di attività dall’estero.
Un percorso come quello delineato da Wind, è stato detto, «richiede l’intervento e la collaborazione di diversi soggetti e il verificarsi di condizioni esterne, circostanza che potrebbe richiedere l’intervento di ulteriori ammortizzatori di medio periodo».
Il governo ha manifestato la propria volontà di continuare a sostenere il colloquio tra le parti con la propria mediazione ed il proprio supporto, ha sottolineato l’apertura di Tim e Almaviva a un dialogo costruttivo e ha individuato la necessità di alcuni interventi per favorire il dialogo con Wind. Ma i sindacati chiedono anche soluzioni più solide nel tempo, la ristrutturazione del settore, ammortizzatori strutturali e un fondo di settore «perché la crisi di Almaviva e dei call center abbiano pari dignità di quella di Alitalia e di quella dell’ex Ilva».
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