Le lotte dei Fasci dei lavoratori contro la miseria e i soprusi, il romanzo della palermitana Serafina Ignoto
L’isola è la Sicilia, i ribelli sono i contadini e gli operai disperati che chiedono pane e dignità. Protagonista del primo romanzo della palermitana Serafina Ignoto, ambientato nella fine dell'800, è Andrea Pavan, inviato de La Tribuna di Roma, che va in Sicilia per seguire da vicino le rivolte dei Fasci dei Lavoratori. Il nome del reporter è di fantasia ma il personaggio si ispira alla storia vera del giornalista Adolfo Rossi. Pavan, accolto al suo arrivo dal collega Salvo Rizzo del Giornale di Sicilia, raccoglie la voce degli indifesi, dei miserabili, dei contadini ridotti in schiavitù, degli uomini e delle donne che si ribellano alla miseria e ai soprusi. Si, anche le donne. Le più agguerrite e le più preparate sulla fede socialista sono loro. Trascinano i mariti nelle lotte del Fascio, sono brave a tenere i comizi nelle folle, frequentano la scuola organizzata dal movimento, «perché uno può nascere ignorante ma non è detto che ci debba morire» e «il lavoratore istruito è un uomo libero». A Milocca, in cinquecento, insorgono per liberare i mariti e i figli arrestati ingiustamente. «Indignate di quella che a loro sembrava infame prepotenza - si legge nel libro - assaltano la caserma dei carabinieri, ne sfondano le porte e liberano i cinque arrestati. Di fronte a quell’esercito infuriato ma inerme, i carabinieri non ebbero cuore di far fuoco». Il popolo siciliano, stanco di essere raggirato e illuso (le promesse della distribuzione delle terra dopo l’Unità d’Italia non furono mantenute), schiavizzato e vessato dai continui dazi, si ribella e chiede rispetto e dignità. Pavan, nel suo viaggio in Sicilia, incontra i grandi leader dei Fasci: Rosario Garibaldi Bosco da Palermo, Bernardino Verro da Corleone, Nicolò Barbato da Piana dei Greci, Giuseppe De Felice Giuffrida da Catania e Nicola Petrina da Messina. Parla con i contadini e i solfatai e comprende che «lecito e illecito vanno a braccetto». «Quello che vedevo - racconta Pavan - era così indegno, da vergognarsi di chiamarla Italia, quella parte del regno. Qui l’Italia non si è fatta ancora, qui si muore solamente» e i contadini «non hanno niente, solo fame e legnate». Quella folla voleva far sapere al resto del mondo che non erano dei briganti o malfattori, ma gente stanca di vivere a quel modo. Pavan vede con i suoi occhi lo sfruttamento dei contadini, il duro lavoro e le tasse che devono pagare: sulla farina, sugli animali, addirittura sulle mammelle delle capre, il focatico (imposta sul focolare) e tante altre. Dure le pagine del libro, edito da Navarra con la prefazione del deputato Giuseppe Provenzano, che descrivono le condizioni di lavoro e di salute dei carusi nelle miniere. Bambini di 10-11 anni, venduti dalle famiglie, scendono sotto terra completamente nudi. Si ammalano con le infiltrazioni nei polmoni delle esalazioni dello zolfo. Colpiti da gibbosi, sono deformi perché sottoposti a grandi sforzi. A questo si aggiungono deperimento e pessime condizioni igieniche. «Emergono mali ancora attuali - spiega l'autrice Serafina Ignoto (nella foto) -. Ho fatto luce su un periodo storico passato ma il libro è modernissimo. Narro le rivendicazioni delle condizioni lavorative, la questione femminile e la lotta per il rispetto della dignità umana».