Giovani solitari e iperconnessi. Ma anche ansiosi di ottenere successo e l’approvazione dei coetanei per evitare lo shaming online, l’incubo dell’adolescenza. Una «riconfigurazione» dell’infanzia, per dirla con il professore Jonathan Haidt, che, nell’arco di dieci anni o poco più, è passata dal gioco allo smartphone e tutti gli altri dispositivi elettronici connessi alla rete. Ma siamo sicuri che per gli adolescenti sia internet il male assoluto? Meglio proibire o imparare a gestire? A questa domanda ha cercato di rispondere Ugo Piazza, giornalista, scrittore, commissario del Corecom Sicilia, nel suo saggio Una generazione a faccia in giù: i social media e la nuova scomposizione sociale (Gruppo editoriale Novantacento; pp. 110; 10, 90 €) che, già dalla copertina, con l’opera Donna al telefono di Simona Cavaglieri colpisce nel segno. Cinquantadue anni, palermitano, Piazza dedica il suo interessante libro «ai giovani e al futuro perché esso per natura resta inarrestabile» e scrive, già nelle prime pagine, che «i nuovi strumenti di comunicazione non sono più scindibili dalla gestione del nostro quotidiano, ma ne fanno talmente parte integrante che siamo noi a esserci molto più configurati ad essi di quanto loro lo abbiano fatto con noi». Appare ovvio che qualsiasi processo evolutivo faccia nascere qualcosa ma, al contempo, «genera la disgregazione di altri elementi. Nell’era attuale, il primo ad essere stato distrutto è il nostro personale sistema di relazioni … le dinamiche comunicative nelle relazioni sociali di oggi si caratterizzano sempre di più per la loro “liquidità”, volendo sottolineare con tale termine la mancanza generalizzata di una propria e personale “forma” di comunicazione, di una coscienza comunicativa strutturata».