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Danza, al Massimo di Palermo Eleonora Abbagnato promuove Peter Pan: «Spettacoli così sono necessari»

Eleonora Abbagnato al Teatro Massimo con i coreografi Simone Repele e Sasha Riva e il direttore del corpo di ballo Jean-Sébastien Colau

Dimenticate il pulzello verdevestito. Dimenticate Wendy che vola in camicia da notte azzurra e Campanellino con le alucce, e anche di Capitan Uncino con il tricorno e la marsina rossa non c’è traccia: il Peter Pan creato da Simone Repele e Sasha Riva non ha colori, anzi è giocato su ogni tonalità di grigio. La morte incombe, il bambino che non voleva crescere è diventato uno a cui è stata scippata la vita. Uno dei tanti, sembrano sottolineare i coreografi, indicati come i «poeti della danza», padroni del tratto rigoroso ereditato dal loro maestro, John Neumeier.

Peter Pan è andato in scena ieri sera al Teatro Massimo (dove replica oggi) in una sala attenta, popolata da ballerini, pochi abbonati, moltissimi turisti. Nel palco reale, ospite del direttore esecutivo Ettore Artioli – che fa ancora le veci del sovrintendente – c’era Eleonora Abbagnato che con Riva e Repele ha lavorato parecchio: le bambine, ballerine di domani, la cercano, una foto con lei vale un tesoro. Marco Betta, invece, c’era e non c’era, accoglie la danzatrice, ma privatamente, il ruolo di spettatore gli sta abbastanza stretto – le firme su change.org che chiedono la sua riconferma hanno superato quota tremila - e i complimenti al corpo di ballo li fa lontano dai riflettori. «Credo che questi spettacoli siano necessari, sono il futuro dei nostri teatri – Eleonora Abbagnato abbraccia i ballerini, li conosce tutti e il direttore Jean-Sébastien Colau è suo amico da quando, bimbetti, danzavano nei corridoi dell’Opera di Parigi -. Rivedere la compagnia così in forma, già nella prima produzione, mi fa un grandissimo piacere: Simone e Sasha fanno un lavoro profondo, vengono da una scuola difficile e di qualità, e pretendono altrettanto».
Il ribaltamento di Peter Pan, lontano dall’immaginario disneyano.

«Oggi c’è bisogno di coreografi innovativi che ripensino la storia, come la immaginano loro e come il pubblico può immaginarla». Palermo ama la danza? «È un pubblico non facile che chiede molto, in sala c’era molto silenzio, e questo non è mai scontato». In questo momento si parla del Teatro Massimo a livello nazionale, e non per le produzioni. «Dobbiamo essere tutti presenti, più conta la squadra, più si fanno cose di qualità. Dirigo il corpo di ballo dell’Opera di Roma da tanti anni, noi direttori abbiamo una posizione delicata e nessuno ci protegge, dobbiamo affrontare ogni problema per fare lavorare bene». Senza che la politica entri in teatro: è quello che chiede il pubblico, oggi. «Siamo artisti, è quello il nostro mondo, io e Sébastien siamo stati due bambini innamorati della danza. A questo teatro, che è uno dei più belli d’Europa, è giusto dare persone che amano il palcoscenico e rispettano gli artisti». Proprio il direttore del corpo di ballo sottolinea i progressi. «Abbiamo fatto classico e ora contemporaneo, i ballerini sono cresciuti tanto, e non solo come numero – dice Jean-Sébastien Colau - anche se quando sono arrivato erano quattro, e oggi sono ventitre». «Quando sono sbarcata a Roma i ballerini erano dodici – interviene Eleonora Abbagnato -, oggi sono sessanta: con Francesco Giambrone che prima al Massimo e poi all’Opera di Roma, ha salvato il corpo di ballo. Quello che è successo a Verona e Firenze, dove invece è stato licenziato, può capitare ovunque. Ricordiamocelo».

Nella foto Eleonora Abbagnato al Teatro Massimo con i coreografi Simone Repele e Sasha Riva e il direttore del corpo di ballo Jean-Sébastien Colau

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