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A Corleone in mostra i ritratti dei giudici assassinati in Sicilia dalla mafia

Da Scaglione a Borsellino: il pennello della pittrice palermitana Olinda lo Presti offre un tributo alla memoria dei magistrati che hanno perso la vita nella lotta a Cosa nostra

I ritratti di Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e Paolo Borsellino

Al Centro internazionale di documentazione sulla mafia e sul movimento antimafia di Corleone è visitabile la mostra permanente Memoriam Iudicorum di Olinda Lo Presti. L'intera collezione è composta dagli undici ritratti dei giudici assassinati in Sicilia dalla mafia.. Con il loro lavoro avevano contrastato lo strapotere mafioso nell’Isola.

Olinda Lo Presti, pittrice palermitana di formazione espressionista, rievoca il tragico ventennio dei grandi delitti di mafia attraverso la realizzazione degli undici ritratti, a partire dal procuratore di Palermo Pietro Scaglione, ucciso nel 1971 da Luciano Liggio. Il 25 settembre del 1979 l’uccisione del giudice Cesare Terranova, che si accingeva a ricoprire l’incarico di capo dell’Ufficio Istruzione del Tribunale di Palermo. Il 6 agosto del 1980 fu assassinato il procuratore di Palermo Gaetano Costa (6 agosto), che venne fatto uccidere dal boss Salvatore Inzerillo, il quale voleva così dimostrare ai Corleonesi che anche lui era capace di ordinare un omicidio «eccellente».

Il 26 gennaio 1983 venne ucciso il giudice Giangiacomo Ciaccio Montalto, impegnato in importanti inchieste sui mafiosi della provincia di Trapani e il 29 luglio un’autobomba uccise Rocco Chinnici, capo dell’ufficio istruzione del tribunale di Palermo, assieme ai due agenti di scorta e al portiere del condominio. Successivamente alla sentenza di primo grado del maxiprocesso, il 25 settembre 1988, veniva ucciso, assieme al figlio Stefano, il giudice Antonino Saetta, che sarebbe dovuto andare a presiedere il grado di appello dopo aver già condannato all’ergastolo i responsabili dell’omicidio del capitano Emanuele Basile.

Il 14 settembre 1988 veniva assassinato a Trapani, per decisione di Totò Riina, il giudice Alberto Giacomelli, appena pensionato, in quanto nel 1985 aveva firmato il provvedimento di sequestro dei beni a Gaetano Riina, fratello del boss. Nel 1990 ad Agrigento, in ambito e per finalità diverse rispetto ai precedenti omicidi, veniva assassinato il giovanissimo giudice Rosario Livatino (21 settembre) per mano di quattro sicari della Stidda agrigentina. Il 23 maggio 1992 avveniva l’efferata strage di Capaci, il tragico attentato in cui perdevano la vita il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo, anch’essa magistrato, e tre agenti della scorta a seguito della conferma in Cassazione di tutte le condanne del maxiprocesso, istruito da Falcone e Borsellino, compresi i numerosi ergastoli a Riina e agli altri boss. E, infine, il 19 luglio dello stesso anno avveniva la strage di via D’Amelio, in cui rimanevano uccisi il giudice Paolo Borsellino e cinque agenti di scorta per motivi tutt’oggi oggetto di indagine.

Per Olinda Lo Presti «gli omicidi di tutti questi magistrati non sono soltanto, come potrebbero apparire, le ritorsioni “mirate” di Cosa nostra verso giudici che ne hanno contrastato il potere e la ricchezza economica e finanziaria, ma sono anche il chiaro proposito di delegittimare la giustizia e, dunque, di non riconoscerne funzioni e ruoli. Cioè l’esplicita dichiarazione di non riconoscere lo Stato di diritto nella arrogante e barbara visione omicida di un’organizzazione che per troppo tempo si era, di fatto, autoproclamata Stato nello Stato».

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