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Van Dyck, Rosalia e il volto immaginato che sconfisse la peste

Il volume curato da Francesco Paolo Campione ed edito da Kalòs ripercorre il terribile 1624: fu «decisiva» la casuale presenza del pittore fiammingo a Palermo

festino atto 1 14-07-2024 Nelle immagini di queste due pagine i rendering dei vari atti dello spettacolo di stasera diffusi dagli organizzatori. Lo show si svilupperà dal Palazzo dei Normanni al Cassaro, ai Quattro Canti. Sono state annunciate molte innovazioni e due carri. Nella tappa davanti alla Cattedrale, sui tetti della chiesa si esibirà il trio Il Volo. Marco Balich è il direttore artistico del Festino, una delle figure più rilevanti e innovative nella creazione di grandi eventi dal vivo a livello internazionale. Carlos Navarrete è il regista, pluripremiato designer e direttore creativo; nel corso della sua carriera ha progettato oltre cento produzioni che spaziano dal teatro, alle parate, ai parchi tematici, comprendendo concerti ed esperienze interattive in tutto il mondo.

La copertina del volume riproduce l’immagine di un dipinto a olio su tela di Antoon van Dick custodito nella Galleria regionale di palazzo Abatellis, un dettaglio di Santa Rosalia incoronata dagli angeli. 1624. Rosalia, la peste e i pennelli (pp. 104, 15€, ed. Kalós) è il titolo del primo numero della nuova serie di Kalós, la rivista di arti e culture che ha assunto una veste monografica. La pubblicazione è curata da Francesco Paolo Campione, docente di Museologia e Storia del collezionismo, nonché Storia dell’arte moderna presso l’Università di Messina.

Il lettore è accompagnato con cura in un inedito e suggestivo percorso storico-narrativo avvenuto a Palermo nell’arco di circa dieci mesi, tra maggio 1624 e febbraio 1625. Si procede con una disamina sulla creazione del mito di Santa Rosalia - analizzando il contesto storico e il contributo dell’arte, in particolare quella del giovane Van Dyck - alla restituzione di un’immagine religiosa che, insieme al ritrovamento delle ossa nei pressi del monte Pellegrino, offre al popolo palermitano, colpito violentemente dalla peste, quella speranza di salvezza di cui aveva bisogno. Questa monografia, tra visioni, sofferenze, miracoli, avventure e arte, rivela come la giovane Rosalia, nobile di casa Sinibaldi, sia riuscita a conquistare per sempre il cuore della città, diventandone l’amata patrona.

Tutto inizia il 7 maggio del 1624, quando - dopo aver fatto scalo a Trapani - giunge nel porto di Palermo, proveniente da Tunisi, un galeone appartenente all’ordine di Santa Maria della Redenzione dei Captivi, carico di prigionieri liberati e di merci. Ad attendere il bastimento sono in molti: le autorità locali come il viceré Emanuele Filiberto di Savoia, a cui erano destinati alcuni preziosi doni custoditi nella stiva, e le famiglie di chi era stato per un tempo interminabile schiavo in Nord Africa.

Disgraziatamente però, tra gli uomini e le mercanzie, aveva viaggiato anche - come passeggera clandestina e insospettabile - la maledetta peste. Da quel momento la situazione precipita e inizia una storia sconvolgente, nella quale follia, disperazione e morte sembrano trionfare su tutto. Il virus pestilenziale si impadronisce della città e nessun rimedio è capace di arginare la sua corsa precipitosa e distruttiva. Non risparmia né poveri né ricchi, né umili né potenti: al suo imperio devono soggiacere tutti e soccombere in molti. Quando ormai tutto sembra perduto, e quando già - nel giro di pochi mesi - il tremendo morbo ha ucciso migliaia di abitanti, ecco all’improvviso un colpo di scena. Dopo intensi scavi, le viscere del monte Pellegrino restituiscono il corpo pietrificato e lungamente cercato di Rosalia Sinibaldi, che in quel momento sembra rappresentare un tesoro spirituale inestimabile, un segnale di ottimismo. Quelle ossa informi, ridotte in un ammasso di scorie calcificate, avrebbero però detto poco ai devoti se non fosse intervenuta un’azione di rimodellazione simbolica da parte dell’arte. Si deve infatti in particolare alla pittura di Antoon Van Dyck il merito di aver dato un volto alla santa e di trasformare il caos delle sue reliquie in una immanenza salvifica.

La peste continuerà ancora per molto a mietere vittime, ma l’arte impedì che ogni cosa precipitasse nella distruzione. Il pittore fiammingo, arrivato a Palermo nel 1624 come affermato «artista di corte» su invito del viceré, era rimasto bloccato nella popolosa città dal lockdown del tempo. Sconfortato dall’epidemia, accoglie come un segno positivo il ritrovamento di resti d’ossa della Santuzza e decide di dipingerla mentre vola gloriosamente sopra la città sostenuta dagli angeli cherubini. Dunque, grazie alla casuale e drammatica permanenza dell’artista a Palermo, si arriverà alla creazione dell’iconografia di una donna giovane e bella, dai lunghi capelli biondi e con lo sguardo rivolto al cielo: Santa Rosalia, tutt’oggi celebrata e osannata dai palermitani per aver sconfitto la peste.

Francesco Paolo Campione, direttore di Kalós, da oltre trent’anni anni si occupa d’antropologia dell’arte, di museologia e di gestione di organizzazioni che operano in campo culturale, alternando le attività di ricerca con l’insegnamento accademico e la direzione di istituti culturali e musei.

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