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Eleonora Abbagnato e il «corvo», condannata per le lettere anonime la madre di una ballerina

Diffamava l'ètoile, l'autrice delle missive anonime smascherata dalla grafia

Eleonora Abbagnato durante la conferenza stampa di presentazione della nuova Stagione d'Opera e Balletto 2017/2018 del Teatro dellOpera di Roma, 26 giugno 2017.ANSA/ALESSANDRO DI MEO

Lettere anonime dal contenuto diffamatorio. Missive per screditare la direttrice del corpo di ballo del Teatro dell’Opera di Roma, la palermitana Eleonora Abbagnato, inviate dalla madre di una ballerina. Per questo Giulia Di Stasi, 67 anni, è stata condannata a due anni dal tribunale di Roma. L’imputata, che si è dichiarata innocente, era accusata di avere scritto almeno due missive in cui prendeva di mira Abbagnato accusandola di avere favorito alcune danzatrici a discapito di altre.

Secondo quanto ricostruito dalla Procura capitolina la prima lettera risale all’ottobre del 2016, a circa 12 mesi dalla nomina dell’étoile. Parole pesanti in cui lo scrivente ‘anonimò chiede ai vertici della Fondazione di intervenire contro Abbagnato. «Questa maledetta donna usa l’ente a suo uso e consumo - si legge - Mandala via subito! Insieme al suo socio d’affari, hanno progettato di far morire la struttura del corpo di ballo e creare una compagnia loro». E ancora accuse: “affidano ruoli a una cerchia ristretta di ballerini e gli altri li tengono seduti dietro le quinte ad assistere». Alla Fondazione viene recapitata una missiva scritta a mano, senza alcuna firma. Sulla busta, come mittente, compaiono i nomi di due ballerini, totalmente estranei, secondo quanto accertato dagli inquirenti, alla vicenda.

Passano alcuni giorni e arriva una seconda lettera, questa volta scritta al computer. I toni sono ancora più aggressivi, si passa ad offese. La direttrice viene definita una «incapace» e in modo sferzante «una finta bionda». Materiale diffamatorio alla luce del quale Abbagnato decide di presentare un esposto ai magistrati di piazzale Clodio ai quali sollecita di avviare indagini per risalire alla identità del «corvo».

Gli inquirenti mettono in fila una serie di elementi ma fondamentale risulta l’apporto dell’imprenditore Daniele Cipriani, imprenditore nel settore della danza, che riconosce la scrittura della prima missiva collegandola alla madre di una danzatrice che in passato si era lamentata dell’atteggiamento della Abbagnato con la figlia. La grafia è la stessa che compare sulle etichette dei vasetti di marmellata fatti dalla donna.

In merito alla sentenza di condanna, i legali della parte offesa, gli avvocati Gianluca Tognozzi e Valentina Panvini, esprimo «soddisfazione per la conclusione positiva di una brutta vicenda».

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