I tesori sconosciuti al mondo di Palazzo Comitini, a Palermo, sono adesso raccolti in un’opera di 321 pagine, in italiano e in inglese, articolata in sette capitoli che introducono 81 schede di catalogo. Frutto di tre anni lavoro, condotti dalla critica e storica dell'arte Giusi Diana, accompagnata in questo viaggio tra la storia dalla fotografia di Sandro Scalia.
Presentata questa mattina (19 gennaio) nella Sala Martorana del palazzo di via Maqueda, ex sede della Provincia, e temporaneo rifugio del consiglio comunale in attesa della fine dei lavori a Palazzo delle Aquile, l’opera ripercorre la storia della collezione di dipinti, sculture e grafiche in un periodo che va dalla fine del XIX secolo agli anni Duemila.
Seguendo un ordinamento cronologico, le opere di artisti prevalentemente siciliani, attivi tra la fine dell'800 e i nostri giorni, sono state raggruppate in capitoli distinti per nuclei di interesse, tematici, stilistici e di genere. Così, si trovano opere del paesaggista Francesco Lojacono e dei suoi allievi Mario Mirabella e Ettore De Maria, specialisti in pittura prospettica e d'interni come Salvatore Marchesi e Salvatore Maddalena, artisti del Liberty come Rocco Lentini, futuristi come Pippo Rizzo, artisti e artiste attivi a partire dagli anni Venti e Trenta del ventesimo secolo tra cui Renato Guttuso, Lia Pasqualino Noto e Ida Nasini Campanella.
«Della collezione non esisteva, fino ad oggi, una catalogazione organica ed aggiornata - ha sottolineato il sindaco, Roberto Lagalla - se non a carattere parziale, peraltro limitata alle opere pittoriche. Nell’ottica della doverosa tutela dei beni culturali e con l’intento di contribuire utilmente alla loro valorizzazione, l’amministrazione ha ritenuto di realizzare questo volume, meritoriamente curato da Giusi Diana e corredato da analitiche schede storico-artistiche».
Lagalla si è poi lasciato andare a un passaggio sul tema del ripristino delle Province: «La condizione e geopolitica dell’Italia - spiega - è stata basata sulle Province: averle rimosse con qualche accelerazione di troppo non è rimasto senza conseguenze e oggi si tende a ripristinare con altrettanta approssimazione quello che era stato tolto prima. Speriamo che ragione e sobrietà intellettuale sappiano prevalere».
Entusiasta del lavoro l’autrice del catalogo, Giusi Diana: «La collezione abbraccia un arco di tempo molto esteso - spiega - e in continuità con le opere d’arte barocche che si trovano già naturalmente inserite nel palazzo. Un esempio è la sala dove ci troviamo (sala Martorana, ndr) che nei sovraporta ha una collezione di dipinti seicenteschi e settecenteschi. La continuità - prosegue - è però anche con la storia moderna del palazzo: nel 1921 fu acquistato dalla provincia e inaugurato nel 31’ e da allora prefettura e provincia cominciano ad acquisire opere d’arte contemporanee, quindi abbiamo nuclei di opere importanti degli anni '20 e '30».
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