«Io penso che la mia vita non sia stata una favola. E se, come è, una esperienza dirimente vissuta, ambisco solo a raccontarla ai giovani della mia Arma». Sono le parole del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa impresse sul primo pannello espositivo della mostra inaugurata oggi al Palazzo Reale di Palermo, sede dell’Ars, alla presenza delle più alte cariche ciivli e militari. La mostra fotografica «L’uomo, il Generale», chiude le celebrazioni del quarantesimo anniversario della morte, avvenuta per mano mafiosa, di Dalla Chiesa, della moglie Emanuela Setti Carraro e dell’agente di scorta Domenico Russo, la sera del 3 settembre 1982.
Promossa dalla fondazione Federico II e organizzata dall’Arma dei carabinieri sotto la direzione artistica di Andrea Pamparana resterà aperta al pubblico fino al 10 novembre nelle sale del Palazzo dei Normanni: all’inaugurazione presenti il sindaco Roberto Lagalla, il presidente della Regione Renato Schifani, il prefetto Maria Teresa cucinotta, il generale di corpo d’armata Giovanni Truglio, il generale di divisione Rosario Castello: «La mostra - spiega Pamparana - racconta la vita dell’uomo, del generale, del padre e del marito. In una città in cui, pochi mesi prima di morire, ha detto agli studenti ‘'io sono come una fiammella e sono palermitano come voi’’. Un uomo che ha voluto sottolineare l’importanza fondamentale del dialogo con i giovani». Schifani ha ricordato come «il generale aveva capito che la mafia controllava gli appalti pubblici come controlla, io temo, anche i pascoli: io credo che gli incendi di questi giorni non siano casuali ma che abbiano una matrice dolosa. Di questo ho una ferma convinzione. Dalla Chiesa - prosegue - che non dimenticheremo mai, aveva chiesto poteri speciali che gli furono negati e questo spinse la mafia ad ucciderlo».
«Questa è una mostra volutamente itinerante - sottolinea Patrizia Monterosso, presidente della Fondazione Federico II - lega l’impegno di un’Italia, Roma, Milano, Torino, Palermo che ha dettato una tabella di marcia di una intera esistenza dal momento in cui già 21enne Carlo Alberto Dalla Chiesa partecipa alla guerra del Montenegro. Mai una parola sulla propria nascita, ma una Italia a tutto tondo dove le parole Costituzione, diritto e dovere erano in primo piano».
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